Blog della sezione di Massa Carrara del Partito Comunista dei Lavoratori

Per informazioni e/o contatti scrivere a: pclms@tiscali.it

lunedì 27 giugno 2011

CAVE ED UNESCO

Com. stampa a Il Tirreno

E' quasi con un senso di intima soddisfazione liberatoria che ho letto, nel Tirreno di oggi, che l'UNESCO ha respinto la richiesta del Comune di Carrara a candidare le nostre cave a " Patrimonio dell'umanità". Mi spiego meglio, onde evitare impropri furori campanilistici: sicuramente lo spettacolo delle nostre cave sarebbe degno di figurare tra quelli che giustamente hanno conseguito tale riconoscimento. Tuttavia le motivazioni addotte dall' UNESCO sono ineccepibili, e fanno giustizia delle interessate argomentazioni di quanti (concessionari di cava in primis) hanno accusato di sabotaggio all'occupazione, scarso senso pratico ed eccesso di idealismo, quanti si sono opposti allo scempio delle nostre Alpi ed al saccheggio insensato delle nostre risorse. Il preciso riferimento dell'UNESCO alla mancanza di garanzie per la tutela del territorio, ed alla presenza di controversie tra le parti sociali, parla chiaro: in buona sostanza, un sito "patrimonio dell'umanità" deve avere garanzie di rimanere tale, e questo principio mal si concilia con gli appetiti voraci dei nostri "appaltatori", la cui arroganza è ben stata documentata dalla puntata di Report dedicata alle nostre cave. Mi vengono in mente, inoltre, le parole di un alto esponente dell'Associazione degli industriali carraresi di una decina di anni fa che, pur donna di lettere ed arte, in una previsione di stampo neo-positivista, quasi sembrava auspicare lo "spianamento delle Apuane" quale testimonianza delle potenzialità del lavoro umano.
Quello che noi chiediamo, in estrema sintesi, ad un Comune che si proclama democratico, è semplice:
1) blocco immediato di tutte le concessioni , e controllo oculato da parte dello stesso e della cittadinanza di nuove concessioni da mettere al bando.
2) la materia che ha dato vita alle immortali opere di Michelangelo e di artisti ed architetti di tutto il mondo, non deve e non può diventare ingrediente per concimi o prodotti di bellezza, e pertanto il prezzo del marmo non può essere stabilito dai "concessionari" o dal "mercato", ma solo dai cittadini di Carrara.
3) le ormai poche centinaia di cavatori e lavoratori dell'indotto, potranno essere facilmente mantenute in impieghi pertinenti, attraverso l'adeguamento della tassa marmi, oggi ridicolmente bassa (nemmeno 15.000.000 di € annui in totale), in omaggio agli interessi dei soliti noti.
Le ricadute di questi semplici provvedimenti, sul piano economico come su quello ambientale, non potranno che essere positive, ed allora sì che si potrà parlare delle nostre cave come "Patrimonio dell' Umanità".
Paolo Vannucci
Coord. Prov. Del Partito Comunista dei Lavoratori

giovedì 23 giugno 2011

INDIGNATI, PRESENTE E FUTURO.

Indignati, presente e futuro.
Contributo di Baez Seara, David
(traduzione di P.V.)

Con le manifestazioni del 19 luglio in tutto lo Stato spagnolo, il movimento degli indignati, nato a Madrid nei giorni precedenti le elezioni regionali del 15 maggio, ha mostrato una capacità di mobilitazione che pochi credevano possibile. A più di un mese dall'inizio degli accampamenti a Puerta de Sol il movimento aumenta la sua forza ed inoltre si allarga a livello internazionale nonostante la campagna dei media reazionari che hanno ingrandito incidenti isolati tentando di etichettare migliaia dei suoi appartenenti come violenti e filo terroristi.

Origini del movimento 15 maggio

Il movimento oggi conosciuto universalmente come " gli indignati " o semplicemente come " movimento 15 maggio " ha avuto la sua origine in Internet. Per mezzo delle reti sociali, gruppi formati recentemente attraverso Internet, come Madrilonia o " Democrazia reale ora " (DRY) hanno dato vita ad una serie di proposte e azioni culminate con un accampamento a Porta del Sol di Madrid il 15 maggio, ad una settimana dalle elezioni regionali del 22 maggio. Questi gruppi, particolarmente DRY, pur non avendo rapporti con i partiti politici e non identificandosi esplicitamente come " di sinistra ", nascono non solo come reazione alla forma con cui il governo ha gestito e gestisce la crisi economica, ma anche contro l’ingiustizia di un sistema economico e istituzionale che permette che siano i lavoratori a portare il peso del recupero dell'economia capitalista. Il motto " siamo persone, non merci in mano ai politici ed alle banche ", lascia pochi dubbi circa il carattere rivendicativo del movimento. Dall'accampamento del Sol a Madrid la rivolta si estende a tutto il territorio nazionale. Si sono alzati accampamenti a Barcellona, Valenza, Siviglia, Santiago ed anche in piccole città e paesi dello Stato spagnolo. Ciascun accampamento in ciascuna città era autonomo e di natura assembleare, e quindi non esisteva un organo centrale di coordinamento. Dall'esperienza degli accampamenti è nata un'altra organizzazione, diffusasi spontaneamente, chiamata " Spanish Revolution ". Sebbene quest'ultima e DRY non siano la stessa cosa, la maggioranza dei partecipanti vedono queste organizzazioni non come organo di direzione o coordinamento, ma come partecipanti collettivi del movimento 15 maggio. Dopo le elezioni del 22 maggio, nelle quali il partito popolare ha conseguito la vittoria nella maggioranza dei comuni e delle regioni spagnole, il movimento 15 maggio ha deciso di continuare a resistere per dimostrare che le sue rivendicazioni sono di carattere sistemico e non possono essere delegittimate per il semplice fatto che alcune elezioni regionali hanno dato la vittoria ad un partito conservatore. Ultimamente, il 13 giugno, l'accampamento del sole ha deciso di dissolversi e convocare assieme ad altri collettivi e organizzazioni, una marcia di protesta nelle principali città. Così il 19 giugno, circa 400.000 persone hanno marciato unite contro la crisi ed il capitalismo, dando vita alla maggiore mobilitazione sociale dello Stato spagnolo dai tempi delle manifestazioni contro la guerra in Iraq nel 2002. Attraverso una radicalizzazione pragmatica del movimento, la lotta si estende attraverso proposte concrete di azione. La natura eterogenea del movimento 15 maggio, può causare difficoltà nella prospettiva di andar oltre semplici accordi " minimi ". Tuttavia sembra che la discussione più o meno teorica sopra la natura ed il contenuto concreto delle rivendicazioni, stia passando in secondo piano, ed il movimento 15 maggio si stia concentrando nell'organizzare azioni sulle quali esiste un consenso pratico circa le sue necessità. Un esempio pratico sono le azioni di appoggio contro lo sfratto per il mancato pagamento dei mutui ipotecari, che hanno impedito che molte famiglie fossero sfrattate dalle loro case. Tutti quelli che aderiscono al movimento 15 maggio concordano circa la necessità di rifiutare gli sfratti per mancato pagamento dell'ipoteca bancaria, dato che una delle cause della crisi è stata il comportamento speculativo delle banche. Altro esempio è il blocco del parlamento regionale catalano, per impedire che la maggioranza conservatrice approvasse un pacchetto di tagli alla spesa pubblica sociale ed ai diritti sindacali dei lavoratori. La giustificazione falsamente democratica di questi tagli, è che sono stati votati da una " maggioranza silenziosa ". L'argomento usato fino alla nausea, è che i parlamenti possiedono tutta la legittimità democratica basata su un mandato popolare che consente loro di attuare tali politiche. Tuttavia, questo discorso nasconde deliberatamente che tali tagli non sono mai citati dai partiti politici nei loro programmi elettorali e tuttavia, quando giungono al potere, questa è la prima cosa che essi fanno. Contro questa concezione che i nostri governanti hanno della democrazia, quella di mentire e poi operare arbitrariamente tagliando diritti ai meno abbienti, è necessario intervenire. In questo senso il blocco del parlamento catalano è perfettamente giustificato da un punto di vista democratico. Non solo si chiede che la democrazia abbia un contenuto reale, ma si esigono anche condizioni che permettano che i politici siano veri delegati del popolo e che debbano rispondere davanti ad esso in caso di tradimenti, inganni, corruzione o semplicemente incapacità a svolgere il proprio ruolo. Gli indignati hanno mandato chiari segnali a quelli che si piegano alle esigenze del mercato e che, facendosi alfieri di politiche di tagli, non le hanno mai applicate a se stessi. Si è visto come alcune centinaia di persone, operando collettivamente, siano capaci di paralizzare i piani oggettivamente reazionari del parlamento catalano o l’inerzia inumana del capitale, nel momento di lasciare senza casa i lavoratori colpiti dalla crisi. È necessario fare uno sforzo perché il movimento non diventi un fenomeno congiunturale o passeggero, bensì costituisca l'inizio di un nuovo ciclo di mobilitazione e lotta anticapitalista, quella nata il 15 maggio con l'accampamento del Sol.
Se la maggioranza concorda sul principio per cui i lavoratori non possono pagare per una crisi che non hanno provocato, allora la maggioranza di questi ugualmente concorderà con azioni che derivino logicamente da questo principio.

martedì 21 giugno 2011

Appello per la libertà di dissenso

https://spreadsheets.google.com/spreadsheet/viewform?formkey=dHRyNDgyNHR3YlRKTDNCc21fV3FFWWc6MQ

Le recenti azioni di polizia, con i provvedimenti restrittivi nei confronti di ventidue persone, in gran parte studenti di collettivi universitari fiorentini, e la comunicazione delle indagini nei confronti di altre cinquantasei, suscita interrogativi e timori.

Si è voluto creare l’evento mediatico, con un annuncio a sensazione che lasciava intravedere preoccupanti scenari cospirativi che, alla luce di quanto contestato materialmente alle persone coinvolte, e fermo restando le necessarie valutazioni su singoli episodi, si sono rivelati di fatto inesistenti: alcuni sporadici fatti di scarsa rilevanza, in occasione di numerose manifestazioni, in particolare relative all’opposizione alla “riforma” Gelmini.


Troppo poco per non far pensare ad una precisa strategia di costruzione dell’allarme sociale, attorno alla immancabile figura degli “anarchici” – diventata poi una improbabile “area anarcoide studentesca” – secondo la fin troppo conosciuta pratica della criminalizzazione delle aree di dissenso e contestazione, per creare discredito e isolamento.

Assistiamo al continuo innalzamento del livello di contrasto repressivo, anche in presenza di episodi di minima entità. Secondo la ricostruzione riferita dalle forze dell’ordine, ogni manifestazione degli ultimi due anni è stata seguita e documentata, e sono stati contestati – ingigantendone la portata – tutti i comportamenti appena “sopra le righe”: una scritta sul muro, un sit in non preannunciato, un petardo, diventano episodi da collegare forzatamente in un disegno eversivo, con conseguente contestazione del reato associativo. Pur non aumentando il livello di conflittualità sociale, aumenta la pressione poliziesca e giudiziaria.

Per questo intendiamo esprimere pubblicamente la solidarietà nei confronti di quanti sono stati colpiti da questa operazione, e manifestare le nostre preoccupazioni in merito al restringimento degli spazi di agibilità politica per chi esprime opposizione e dissenso.

In una fase in cui c’è un violento attacco allo stato sociale, alla scuola pubblica, ai beni comuni, e in cui le conseguenze più pesanti della crisi economica vengono fatte ricadere sulle fasce più deboli della popolazione e sui giovani, aumentando a dismisura le disuguaglianze sociali e l’insicurezza per il futuro di intere generazioni, in cui si cancellano diritti di lavoratori e cittadini e si rimettono in discussione principi basilari dell’ordinamento democratico antifascista, riteniamo gravissimo che si tenda a comprimere lo spazio di azione politica e sociale di opposizione e di lotta, etichettando ogni dissenso come comportamento deviante e criminale.

Primi firmatari:
Vittorio Agnoletto, Forum Sociale Mondiale; Donatella Della Porta, Università europea Firenze; Alberto Ziparo, Università di Firenze; Ornella De Zordo, consigliera comunale Firenze; Tommaso Grassi, consigliere comunale Firenze; Sandro Targetti, consigliere comunale Campi Bisenzio; Lorenzo Guadagnucci, Verità e giustizia per Genova; John Gilbert, FLC CGIL; Cristiano Lucchi, giornalista; Moreno Biagioni; Edoardo Todaro, RSU COBAS Poste; Francesca Birini, RSU COBAS Poste; Tiziano Cardosi, NOTAV Firenze; Giuseppe Cazzato, RSU COBAS comune di Firenze; Alessandro Santoro, Comunità delle Piagge; Alessandro Nannini, RSU COBAS ATAF; Sara Nocentini, Anna Picciolini, Associazione per una Sinistra Unita e Plurale; Massimo Torelli, Associazione per una Sinistra Unita e Plurale; Francesca Riemma, RSU COBAS Poste; Alessandro Porcinai, RSU COBAS Publiacqua, Riccardo Torregiani, Rete Antirazzista Firenze.

lunedì 20 giugno 2011

DOVE VA LA GRECIA?

La Grecia è l'epicentro della crisi economica e politica europea. L'enorme debito pubblico del paese, amplificato dalla crisi internazionale, tiene in scacco la finanza europea e le stesse strutture comunitarie, precipitando tutte le loro contraddizioni.

IRRAZIONALITA' E PARASSITISMO DEL CAPITALE: LA QUESTIONE DEL DEBITO PUBBLICO

Il carattere irrazionale e parassitario del capitalismo è illustrato dalla crisi greca meglio che da qualsiasi manuale. Cos'è il “debito pubblico” greco? E' la massiccia esposizione delle banche francesi e tedesche nell'acquisto e detenzione di titoli di stato ellenici. Ciò significa che lo Stato greco è tenuto a pagare una massa ingente di interessi ai banchieri tedeschi e francesi. E siccome la finanza tedesca è il cuore della finanza europea, la solvibilità della Grecia diventa questione continentale e mondiale. Un default della Grecia avrebbe un potenziale effetto domino ben superiore alla relativa marginalità economica di quel paese.
Ma per pagare un crescente debito pubblico ai banchieri tedeschi e francesi, la Grecia deve finanziarsi. Come? Continuando a vendere titoli pubblici ai propri strozzini. Il che significa che per pagare il debito pubblico, la Grecia deve alimentare il proprio debito pubblico. E più il debito pubblico cresce, più i banchieri francesi e tedeschi pretendono tassi di interesse più alti come condizione di un acquisto “rischioso”: “Aumenta il mio rischio? Allora mi devi pagare di più”. Ciò che oggi ha spinto i titoli di Stato greci ad un saggio d'interesse record del 18%!. Ma più salgono gli interessi da pagare agli strozzini, più aumenta il debito pubblico.. lungo una spirale inarrestabile.
Da qui il cosiddetto “aiuto” europeo e mondiale alla Grecia. In cosa consiste l'”aiuto”? Nell'acquistare titoli di Stato greci con risorse pubbliche, messe a disposizione da U.E. e Fondo monetario, per consentire alla Grecia di continuare a pagare i banchieri francesi e tedeschi. Ma qui nasce un forte contrasto tra il governo tedesco e la BCE. Come rispondere al rischio reale di un default greco? La signora Merkel non sa più come spiegare ai suoi stessi elettori che devono continuare a fare sacrifici per consentire alla Grecia di salvare i banchieri tedeschi, già poco amati. E quindi pone come condizione di nuovi “aiuti” alla Grecia il coinvolgimento nel rischio delle banche private, che dovrebbero accollarsi parte degli oneri . La BCE è contraria perchè la deresponsabilizzazione degli Stati, e a maggior ragione della Germania, nel sostegno alla Grecia, sancirebbe di fatto il riconoscimento di un suo default, e quindi potrebbe svalutare con un effetto a catena i titoli di stato detenuti dalle banche con effetti incontrollabili.

LO STROZZINAGGIO FINANZIARIO CONTRO I LAVORATORI GRECI

Non sappiamo come si risolverà il contenzioso. Sappiamo invece benissimo il costo sociale di questa mostruosa rapina per i lavoratori greci ed europei. Perchè la condizione ultimativa che tutti i banchieri strozzini e i loro Stati pongono alla Grecia, per continuare a comprare i suoi titoli di Stato ( e quindi oliare la corda dell'impiccagione) è il drastico e progressivo abbattimento della sua spesa sociale e delle condizioni di vita dei lavoratori, dei pensionati, dei giovani greci.
L'ultimo anno ha rappresentato per la classe operaia e la gioventù greca la più pesante retrocessione sociale del dopoguerra. Taglio secco degli stipendi pubblici, aumento delle tasse dirette e indirette, riduzione delle pensioni, soppressione di sussidi e prestazioni, aumento verticale dell'età pensionabile, liberalizzazione dei licenziamenti nel settore privato e nei servizi pubblici. Il governo del “socialista” Papandreu ha offerto ai banchieri europei lo scalpo dei lavoratori greci, per poter continuare a indebitare i lavoratori greci presso i banchieri europei.
Ma siccome la cura da cavallo non ha raggiunto lo scopo ( ed anzi ha concorso ad una nuova recessione interna , con la conseguente crescita della percentuale di debito), Papandreu vara oggi un'ulteriore stangata. Che non solo appesantisce ed aggrava le misure antipopolari già intraprese, su dettato della finanza internazionale, ma estende a dismisura il processo di privatizzazioni. La Grecia è in svendita. Porti, aeroporti, autostrade, acquedotti, telecomunicazioni, energia, gas, persino le lotterie nazionali, sono messi all'asta. E gli acquirenti sono spesso- guarda caso- aziende e banche europee creditrici. Con un ruolo di punta delle aziende tedesche ( Deutsche TeleKom acquista a prezzi stracciati le telecomunicazioni greche), ma anche italiane (il gruppo Atlantia è in corsa per autostrade e acquedotti), e persino cinesi ( in particolare nel settore portuale). Pur di far soldi e pagare gli strozzini, il governo greco svende agli strozzini i beni della Grecia. Col plauso della borghesia nazionale greca ed in particolare delle sue banche, anch'esse acquirenti dei titoli di Stato , anch'esse partecipi del bottino delle privatizzazioni.

LA CRISI POLITICA SI APPROFONDISCE

La rapina del secolo tuttavia non è politicamente indolore. Il governo Papandreu, che aveva retto la prima fase della crisi, vede ora precipitare il suo consenso sociale. Il PASOK in particolare è investito da una crisi profonda, con defezioni parlamentari, abbandoni, forti divisioni interne. Il restringimento numerico della maggioranza parlamentare, già risicatissima ( 155 deputati su 300), ha indotto Papandreu, sotto pressione internazionale, a invocare un governo di “solidarietà nazionale” per varare la nuova stretta sociale. Ma la vecchia destra reazionaria di “Nuova Democrazia” ha respinto la proposta, per far cuocere il Pasok nel suo brodo e cercare di rimpiazzarlo alle prossime elezioni.
In questo quadro , un governo in condizioni disperate ha due soli punti d'appoggio. Il primo è la finanza europea e la crisi europea: tutti i governi europei sorreggono Papandreu così come i creditori sorreggono i propri esattori e gabellieri. Il secondo è l'opportunismo dei gruppi dirigenti della sinistra greca: che di fronte alla più grave crisi del Paese, sono del tutto incapaci anche solo di perseguire una via d'uscita indipendente.
E questo è il vero punto cruciale.

L'ASCESA DEL MOVIMENTO DI MASSA DEI LAVORATORI E DELLA GIOVENTU'

La classe lavoratrice e le masse popolari greche non hanno subito passivamente la propria spoliazione. L'ultimo anno e mezzo ha registrato una forte ascesa delle lotte di massa, prevalentemente concentrate nel settore pubblico e nei servizi. In particolare una nuova generazione di lavoratori, di studenti, di precari, di disoccupati (la disoccupazione è ormai al 15%) ha invaso lo scenario sociale e politico, col ricorso ripetuto all'azione diretta e radicale, contro il governo e il padronato, in una dinamica di scontro diffuso con lo Stato e il suo apparato repressivo. Si sono moltiplicate in tutta la Grecia- a partire da Atene- esperienze di assemblee popolari, occupazioni di uffici pubblici, comitati di lotta a difesa di posti di lavoro e servizi minacciati. La piazza del Parlamento greco è diventata il luogo principe delle manifestazioni di rabbia contro “ladri e corrotti”. L'irruzione sulla scena del movimento giovanile degli “indignati” e il suo assedio del Parlamento, su richiamo dell'esperienza spagnola, assume nel contesto greco un peso maggiore che in Spagna. La parola d'ordine” Pane, sapere, libertà”- che fu la bandiera della sollevazione popolare contro la dittatura dei colonnelli greci nel 1973- è significativamente rieccheggiata in piazza Syntagma sulla bocca di decine di migliaia di giovani. Non a caso la questione dell'”ordine pubblico” in Grecia , di come preservarlo (o restaurarlo), è in cima alle preoccupazioni borghesi, non solo ad Atene. Il rischio di “contagio” in Europa del “radicalismo greco” è oggetto di dibattito pubblico nei circoli dominanti del vecchio continente. Tanto più a fronte delle ulteriori terapie d'urto commissionate contro il popolo greco.

IL RUOLO CONSERVATORE DELLE DIREZIONI POLITICHE E SINDACALI

Ma proprio questo scenario di potenzialità dirompenti misura il ruolo conservatore degli apparati dirigenti del movimento operaio greco.

Il Pasok, primo gestore della politica di aggressione sociale, è ovviamente nel mirino della protesta popolare. Ma proprio per questo ha cercato e cerca di usare i propri canali sindacali o la propria influenza nei sindacati per “rappresentare” parte della protesta, addomesticarla, e quindi incanalarla su un binario morto: quello della “pressione” sul governo..del Pasok, secondo un abile gioco delle parti, tipico della socialdemocrazia. Gli scioperi promossi dal sindacato GSEE, a forte influenza socialista, hanno svolto esattamente questo ruolo: fornire alle masse un canale di sfogatoio, far defluire la rabbia, disinnescare ogni rischio di esplosione concentrata di massa. Cercando così di salvare il governo Papandreu e il capitalismo greco. La recente integrazione nel governo di un dirigente socialista “di sinistra” (Venizelos), critico di Papandreu, vuole coprire il governo a sinistra sul versante sindacale, per meglio consentire la nuova mazzata antipopolare.
A sinistra del Pasok, l'aggregazione Syriza- riferimento greco del PRC e della Sinistra Europea- svolge un ruolo di “socialdemocrazia di sinistra” in rapporto ai “movimenti”, in particolare giovanili. Il governo l'ha definito “un partito di bulli e di teppisti”( Panglos, vicepresidente del governo). In realtà si tratta della riedizione greca del bertinottismo italiano di 10 anni fa, stile Genova. La sua enfasi ideologica “movimentista” convive con una politica di contenimento e subordinazione delle spinte più radicali dei movimenti stessi: teorizzando ad esempio il principio della “non violenza” di fronte alla violenza repressiva dello Stato, contro ogni pratica di autodifesa di massa. Ma soprattutto è chiarificatore il suo programma: un programma di “ricontrattazione del debito pubblico greco” con le istituzioni finanziarie europee; che significherebbe “contrattare” la rapina e spoliazione dei lavoratori e dei giovani greci con i loro strozzini. La parola d'ordine riformista e illusoria di un'”Europa sociale e democratica” in ambito capitalistico, appare così per quello che è: la subordinazione “critica” ma rassegnata al capitalismo europeo, alla sua Unione, alla sua crisi, alle sue controriforme sociali.
In forme diverse, la politica del KKE ( Partito Comunista greco) e del suo sindacato ( PAME) svolge un ruolo complementare. Chi ha illusioni nello stalinismo greco (anche in Italia) è bene apra gli occhi.
Il KKE contesta apertamente e con un linguaggio radicale la politica di Papandreu, così come denuncia con parole vibranti la “rapina” della U.E. Il suo “anticapitalismo” ideologico è a prova di bomba. Ma la sua linea d'azione concorre a disarmare il movimento reale delle masse: da un lato la moltiplicazione di scioperi generali una tantum, scaglionati nel tempo, in contrapposizione ad ogni proposta di sciopero generale prolungato; dall'altro una linea costantemente separatista e autocentrata nelle manifestazioni di massa e nelle azioni di lotta ( manifestazioni di partito/ sindacato fiancheggiatore sempre distinte e distanti dalle manifestazioni e azioni degli altri soggetti) in una logica di contrapposizione al fronte unico di classe. Infine il costante ricorso al più vergognoso armamentario stalinista contro il radicalismo di lotta della gioventù ribelle: definita e denunciata come massa di provocatori prezzolati, e più volte aggredita dai propri servizi d'ordine di partito, col pubblico plauso del Pasok e del governo.
Certo, il KKE ha beneficiato elettoralmente della crisi del Pasok e della sua politica governativa. Ma il suo programma si riduce all'uscita del capitalismo greco dalla U.E in una logica di riforma dell'economia nazionale. Il fine ultimo del KKE, al di là dei proclami, è l' autoconservazione del proprio apparato e ruolo politico dentro le istituzioni dello stato borghese. Contro ogni reale prospettiva rivoluzionaria.
A sinistra della socialdemocrazia e dello stalinismo è presente una eterogenea aggregazione centrista ( Antarsia), divisa al suo interno tra diverse opzioni programmatiche ( contrattazione del debito o suo annullamento?) e politiche ( “partito o movimento”?).E' la cosiddetta “unità dei comunisti” in salsa greca: un cartello elettorale, una commedia politica degli equivoci senza futuro. Il cui ruolo nelle lotte è sicuramente “antagonista”, ma fuori da ogni prospettiva strategica di alternativa di potere.

LA PROPOSTA ALTERNATIVA DEL EEK: IL POTERE AI LAVORATORI, QUALE UNICA SOLUZIONE

Nella sua piena autonomia politica, solo lo EEK- sezione greca del Coordinamento per la Rifondazione della 4° Internazionale- sviluppa un intervento di massa e una proposta programmatica all'altezza della radicalità della crisi greca.
Il suo programma rivendica apertamente la rivoluzione sociale quale unica vera risposta alla crisi capitalista e alla sua rapina: solo un governo dei lavoratori che annulli il debito pubblico verso le banche creditrici, interne e internazionali, e nazionalizzi, sotto controllo dei lavoratori, l'intero sistema bancario, può salvare il popolo greco dalla rovina sociale; solo la prospettiva di un Europa socialista ( Stati Uniti Socialisti d'Europa) che liberi il vecchio continente dalla dittatura degli industriali e delle banche, può offrire un futuro diverso alle giovani generazioni europee.
Questo è il programma che distingue EEK dal resto della sinistra greca. Ed è il programma che indirizza il suo intervento di massa: costruzione del più ampio fronte unico di classe nel movimento di lotta dei lavoratori e dei giovani contro il settarismo burocratico del KKE; ma al tempo stesso proposta di sciopero generale prolungato, mirato a bloccare la Grecia e rovesciare il governo; sviluppo e unificazione dell'autorganizzazione operaia e popolare; incoraggiamento e organizzazione dell'autodifesa di massa contro l'apparato dello stato; rifiuto di ogni subordinazione al feticcio istituzionale di una “democrazia” borghese, sempre più privata oltretutto di ogni parvenza di sovranità. In ogni lotta parziale, in ogni piega del movimento, lo EEK pone la prospettiva del potere come questione decisiva: quale classe comanda in Grecia ( e in Europa), i lavoratori o i banchieri, la maggioranza della società o una minoranza dei capitalisti? Questo è il nodo che non si può né rimuovere, né archiviare. Sviluppare la coscienza dei lavoratori e dei giovani verso la comprensione di questa verità è l'essenza della politica rivoluzionaria. In Grecia come in Italia.
Lo EEK è ancora un piccolo partito, che non può oggi esercitare una direzione alternativa del movimento di massa. Ma è un partito che registra una forte crescita tra i lavoratori e i giovani. Sviluppa una crescente visibilità nell'azione di massa. Dispone di militanti e quadri sperimentati, con indubbio prestigio a sinistra. Non a caso è stato più volte nel mirino della repressione governativa e poliziesca, subendo isteriche campagne intimidatrici da parte dei giornali del Pasok e della destra. Ciò che vi è di più coraggioso e generoso nel movimento operaio greco si concentra in questo piccolo partito rivoluzionario. Il cui sviluppo misurerà, in ultima analisi, fortune e prospettive storiche della rivoluzione greca, al di là della dinamica contingente degli avvenimenti attuali.
Di certo, il PCL dà e darà ai propri compagni greci tutto il sostegno e la solidarietà di cui sarà capace. Sulla base di un comune programma e di una comune politica.

Marco Ferrando

COMMEMORAZIONE BATTAGLIA DEL LAGO SANTO

Recentemente, a La Spezia, si è tenuto il convegno “Lago Santo 18 e 19 marzo 1944. Ricordo della leggendaria battaglia”. Organizzato e patrocinato da Provincia, Comune della Spezia, ANPI, ISR, Comitato Unitario della Resistenza e Museo Audiovisivo della Resistenza, il convengo vuol essere un solenne momento di ricordo di un episodio importante della Resistenza.
I sottoscritti Coordinatori provinciali del Partito Comunista dei Lavoratori della Garfagnana e della provincia di Massa Carrara, vogliono ricordare agli organizzatori ed all'opinione pubblica di La Spezia e delle due province (LU e MS), quanto segue:

Dante Castellucci, meglio conosciuto come "Facio", comandante del battaglione "Picelli", è stato uno tra i più valorosi combattenti della Resistenza partigiana nelle montagne dell' Appennino tosco-emiliano.

Fu nel Marzo del 1944, mentre stava attendendo assieme a nove compagni il ricongiungimento del proprio battaglione al Lago Santo (nel Parmense), che firmò uno dei più grandi atti eroici della Resistenza partigiana sui nostri monti; il gruppo venne circondato da un plotone di circa cento nazisti altamente equipaggiati ed i ribelli, non trovando alcuna via di fuga, si ripararono all'interno del rifugio "Mariotti", situato sulle sponde del lago.
A questo punto le soluzioni erano due: o arrendersi al nemico (e arrendersi voleva dire essere incarcerati e successivamente giustiziati),
o combattere e morire sul campo di battaglia senza alcuna umiliazione nè ammissione di paura.
I partigiani, in piena sintonia con lo spirito rivoluzionario di Facio, decisero di combattere, e sotto la direzione del comandante, anche se dotati solo di armi leggere, diedero vita ad un combattimento estenuante.
Il conflitto si protrasse per molte ore. I partigiani esausti e feriti, riuscirono attraverso il coraggio e la fiducia riposta nel proprio comandante, a mettere in fuga il nemico.
Dopo questo atto eroico, per il Facio non ci fu alcuna medaglia, ma, incredibilmente agli occhi di tutti, l'arresto.
Il comandante fu condotto di fronte ad un tribunale di guerra illegale, allestito da altri comandanti delle formazioni partigiane staliniste dell'alta Lunigiana. Venne condannato alla fucilazione sulla base di un'accusa falsa e comunque risibile: aver preso una piastra di mortaio destinata ad altra formazione.
Ma perché era in corso questa caccia all'uomo nei confronti di alcuni combattenti partigiani? La risposta è semplice: ogni personaggio scomodo per il movimento stalinista capitanato da Togliatti, doveva essere cancellato.
Il burocrate controrivoluzionario italiano, voleva seguire in tutto e per tutto il suo padrone russo; mentre in Russia Stalin sterminava i trotskisti, in Italia Togliatti eliminava ogni sorta di rivoluzionario comunista non allineato allo stalinismo .
Il convegno di cui sopra si presentava come un' iniziativa lodevole, ma analizzando bene il contesto ci sembra alquanto equivoco, visto che i carnefici del Facio furono appunto i "maestri" di molti di quelli che oggi lo vogliono mitizzare.
E' giunta l'ora di ribellarsi a questo scempio della storia della Resistenza partigiana, perpetrato da schieramenti politici "di sinistra" che collaborano con Forza Nuova e garantiscono spazi a Casa Pound.
Vogliamo che i nostri eroi vengano ricordati attraverso la propria dignità politica e che non siano frutto di promozioni gratuite per collaborazionisti fascisti!
La Resistenza partigiana non è una cosa per tutti!


Alessandro Ferri, PCL "Quarta Internazionale" Garfagnana
Paolo Vannucci, PCL Massa-Carrara, Sez. "Lev Davidovich"

ARRIVEDERCI BANDIERA ROSSA

ARRIVEDERCI, BANDIERA ROSSA


Arrivederci, bandiera rossa –
dal Cremlino scivolata giù
non come ti innalzasti,
agile,
lacera,
fiera,
sotto il nostro esecrare
sul fumante reichstag,
sebbene pure allora,
intorno all’asta, truffa si attuasse.


Arrivederci, bandiera rossa…
eri metà sorella, metà nemica.
Eri in trincea speranza
unanime d’Europa,
ma tu di rosso schermo
recingevi il GULAG
E sciagurati tanti
in tuta da carcerati.


Arrivederci, bandiera rossa.
Riposa tu,
distenditi.
E noi ricorderemo quelli
che dalle tombe
più non si leveranno.
Gl’ingannati hai condotto
al massacro,
alla strage.
Ricorderanno anche te –
ingannata tu stessa.


Arrivederci, bandiera rossa.
Non ci portasti bene.
Grondavi sangue
e te
noi col sangue togliamo
Ecco perché adesso
lacrime non ci sono da detergere,
così brutalmente sferzasti,
con le nappe scarlatte, le pupille.


Arrivederci, bandiera rossa…
il primo passo verso la libertà
lo compimmo d’impulso
sulla nostra bandiera
e su noi stessi,
nella lotta inaspriti.
Che non si calpesti di nuovo
«l’occhialuto» Živago.


Arrivederci, bandiera rossa…
Da te disserra il pugno,
che ti serra di nuovo,
ancora minacciando fratricidio,
quando all’asta
si afferra la marmaglia
o la gente affamata,
confusa dalla retorica.


Arrivederci, bandiera rossa…
Tu fluttui nei sogni,
rimasta una striscia
nel russo tricolore.
Nelle mani dell’azzurrità
e del biancore
forse il colore rosso
del sangue sarà liberato.


Arrivederci, bandiera rossa…
Guarda, nostro tricolore,
che i bari di bandiere
non barino con te!
Possibile anche per te
Sia lo stesso giudizio:
pallottole proprie e altrui
ne hanno la seta divorato?


Arrivederci, bandiera rossa…
Sin dalla nostra infanzia
noi giocavamo ai «rossi»
e i «bianchi» battevamo forte.
Noi, nati nel paese
che più non c’è,
ma in quella Atlantide
noi eravamo,
e noi amavamo.


Arrivederci, bandiera rossa…
Ora, nel gran bazar d’Ismajlovo,
ti smerciano per pochi dollari,
alla meglio.
Io non ho preso il Palazzo d’inverno.
Non ho assaltato il reichstag.
Non sono un «kommunjak».
Ma guardo la mia bandiera e piango.



23 Giugno 1992, Irkutsk

EVGENNIJ EVTUŠENKO

I 21 PUNT I DELLA TERZA INTERNAZIONALE

Il Congresso dell’Internazione Comunista si tenne a Mosca tra il luglio e l’agosto del 1920.
Vi parteciparono 169 delegati in rappresentanza di 64 partiti di 50 paesi.
Il Congresso dell’Internazionale comunista stabilisce le seguenti condizioni per l’appartenenza all’Internazionale comunista:
1.
Tutta la propaganda e l’agitazione debbono avere un’impronta effettivamente comunista e corrispondere al programma e alle risoluzioni dell’Internazionale comunista. Tutti gli organi di stampa del partito debbono essere diretti da comunisti di provata fede, che abbiano dimostrato la loro dedizione alla causa del proletariato (...)
2.
Ogni organizzazione che voglia aderire alla Internazionale comunista deve estromettere , in modo metodico e pianificato, da tutti i posti di maggiore o minore responsabilità del movimento operaio
(...) gli elementi riformisti e centristi, sostituendoli con comunisti fidati, senza preoccuparsi del f atto che, soprattutto agli inizi, al posto di opportunisti “ esperti” subentrino semplici lavoratori della massa.
3.
In quasi tutti i paesi d’Europa e d’America la lotta di classe sta entrando nella fase della guerra civile. In tali condizioni i comunisti non debbono fidarsi in alcun modo della legalità borghese. Essi sono tenuti a creare dovunque un apparato or ganizzativo clandestino parallelo, che al momento decisivo aiuterà il partito a compiere il suo dovere verso la rivoluzione. In tutti i paesi in cui i comunisti a causa dello stato d’assedio e delle leggi eccezionali non hanno la possibilità di compiere legalmente tutto il loro lavoro, è assolutamente necessario combinare l’attività legale con quella clandestina.
(....)
6.
Ogni partito che desideri appartenere alla Terza Internazionale è tenuto a smascherare non soltanto il socialpatriottismo aperto ma anche la disonestà e l’ipocrisia del socialpacifismo
(....)
7.
I partiti che desiderano appartenere all’Internazionale comunista sono tenuti ad approvare la rottura totale col riformismo e la politica del “ centro” ed a propagandare questa rottura tra i più vasti strati dei loro membri.(....) L’Internazionale comunista non può ammettere che opportunisti notori, quali sono attualmente rappresentati da Turati, Kautsky (...) e altri possano avere il diritto di passare per membri della Terza Internazionale.(...)
(...)
13.
I partiti comunisti dei paesi nei quali i comunisti debbono operare clandestinamente, debbono intraprendere di quando in quando epurazioni (nuove registrazioni) dei membri della loro organizzazione, per epurare il partito sistematicamente dagli elementi piccolo borghesi che vi si sono insinuati.
(...)
15.
I partiti che fino ad oggi hanno ancora conservato i loro vecchi programmi socialdemocratici sono tenuti a modificare nel più breve tempo possibile tali programmi (...) e ad elaborare un nuovo programma comunista co erente con le risoluzioni dell’Internazionale comunista. (...)
(...)
17.
Di conseguenza, tutti i partiti che vogliono appartenere all’Internazionale comunista debbono modificare la propria denominazione. Ogni partito che voglia appartenere all’Internazionalecomunista deve avere il nome di Partito comunistadi questo o quel paese (sezione della Terza Internazionale comunista) (...)
(...)
21.
Tutti i membri del partito che respingono fondamentalmente le condizioni e le norme poste dall’Internazionale comunista debbono essere espulsi dal partito stesso.

sabato 18 giugno 2011

BASTA SPECULARE SULLA VITA E SUI BISOGNI PRIMARI !

IL RISULTATO DEL SI’ AL REFERENDUM CONTRO LA PRIVATIZZAZIONE DELL’ ACQUA E’ UN MESSAGGIO PRECISO DEI LAVORATORI E DEI CITTADINI TOSCANI AL CENTRO SINISTRA, AL CENTRO DESTRA, ALLA GIUNTA REGIONALE TOSCANA E  A CONFINDUSTRIA

Il risultato dei SI’ contro la privatizzazione dell’ acqua in Toscana ha sfiorato il 96 % con una partecipazione intorno al 63%. Questo non è solo uno schiaffo per il governo nazionale di centro destra, ma lo è anche per il centro sinistra che governa l’ amministrazione regionale e moltissime amministrazioni locali.   La privatizzazione dell'acqua è un capitolo dell'offensiva capitalistica contro i diritti dei cittadini e dei lavoratori per appropriarsi dei beni comuni (i beni di tutti). Il capitale vuole mettere le mani sull'acqua per fare profitti sicuri su una risorsa che sta diventando sempre più scarsa e preziosa. Ma dove l'acqua è stata privatizzata, la situazione è drasticamente peggiorata: le tariffe sono aumentate, i servizi peggiorati, gli investimenti ridotti, l'accesso è diventato impossibile per i più poveri. 
Questa battaglia ha un nemico ben preciso: l'élite padronale e finanziaria italiana, come lo Ior, la Banca vaticana, in concorrenza con le multinazionali come la francese Veolia.  
La risposta dei lavoratori e dei cittadini è stata una forte e determinata partecipazione politica per abbattere tutto questo.  Ma in questi giorni stiamo assistendo alla levata di scudi di esponenti del Centro Sinistra, di amministratori pubblici e privati gestori dei servizi idrici per lasciare tutto com’ è. Da questi speculatori arriva solo un piagnisteo sui mancati introiti che porterà il risultato referendario. Il presidente della livornese ASA addirittura dichiara che perdendo il 7% di profitto le bollette cresceranno, che sarà costretto a fornire acqua non più potabile, che la multinazionale IREN “socio in affari” è in fondo un’ azienda pubblica e quindi di tutti.  GAIA il gestore unico del Servizio Idrico Integrato Toscana Nord, insieme agli amministratori di centro sinistra ha già dichiarato che la privatizzazione verrà fatta comunque ed ha elevato le bollette a livelli stratosferici.  Il sindaco di Firenze Renzi ha dichiarato di aver votato NO e che per non rinunciare al profitto lancerà una campagna azionaria per la gestione dell’ acqua. 
Per fermare tutto questo e per dare respiro alla vittoria nel referendum in difesa del diritto inalienabile all’ acqua è necessaria l’ organizzazione autonoma dei lavoratori e dei cittadini da qualsiasi interesse privato. Non solo ma è indispensabile che vengano requisite da subito tutte le partecipazioni private che sono state fatte in nome della speculazione. L’ unica strada per riappropriarci tutti di questo bene è l’ autodeterminazione attraverso la lotta.
Non ci sono dubbi verso questa strada. Lottare e resistere contro interessi speculativi del capitale per il diritto ai beni primari inalienabili come l’ acqua e la salute o soccombere allo sfruttamento e  all’ alienazione in nome del profitto.  Il Partito Comunista dei Lavoratori è sempre insieme ai lavoratori e i cittadini toscani che resistono, che si organizzano e lottano autonomamente contro gli interessi equivalenti della destra e del centro sinistra e porta il suo massimo appoggio.  I comitati nati dal basso per il SI al referendum devono diventare comitati di lotta. 

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
Coordinamento della Toscana