Blog della sezione di Massa Carrara del Partito Comunista dei Lavoratori

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domenica 24 marzo 2013

Grillo come Tognazzi



Grillo come Tognazzi


Intervistato dai turchi, Beppe Grillo nostro ha spiegato che il M5S, dunque la sua proposta politica e culturale ispirata alla decrescita felice, è un “format”. Il diretto interessato lo ha pronunciato con naturalezza assoluta, degna di colui che non ritenga di dovere temere i tranelli, le botole colme di spuntoni vietcong acuminati, del linguaggio, come dire che, per lui, diversamente dai linguisti di professione, la parola cane non morde. In verità, Grillo, raccontando la propria soddisfacente avventura alla giornalista turca con abito ben intonato all’abitazione dell’intervistato, ha detto di più, ha pronunciato un affermazione che custodisce qualcosa di notevolmente giustificante: Grillo ha affermato l’esistenza di un “format esportabile”. E anche il tono era soddisfatto, segno che il lavoro di diffusione capillare planetaria della sua intuizione sta già marciando bene.

Dunque, non più il grillismo in un solo paese posizione questa debolmente stalinista, bensì il grillismo sull’intero globo terrestre, ponendosi così, sempre lui, Grillo, nel territorio ideale del trotskismo. Insomma, l’Italia non sembre bastargli. E non c’è qui bisogno di citare le parole pronunciate dall’ispiratore a proposito del timore dell’assedio quando qualcuno tenta di far qualcosa di buono per l’umanità tutto da solo. “Grillismo senza limitismo” direbbe in questi casi Roberto D’Agostino sul suo Dagospia.


BENE, COME in un gioco da tavolo, proviamo adesso a riassumere tutti gli elementi presenti in campo emersi ieri nel corso dell’intervista opportunamente riproposta da Michele Santoro a Servizio Pubblico su La 7: c’è Grillo, che è poi, la pedina più grossa, c’è il mondo con le sue caselle o le sue “macerie” (sic), c’è il tailleur giallo-pagine gialle della giornalista turca Selin Sanlin, c’è lo sfondo dell’appartamento dell’intervistato che d’istinto suggerisce, per gusto d’arredo, un’improvvisa irruzione di Sabrina Ferilli e del suo “…artigiani della qualità”, se non addirittura di un Mastrota pronto a spacciare materassi – d’altronde anche le suggestioni scenografiche contano quando “non è tempo di mediazioni, ma di rivoluzioni” (sic), e ancora, andando avanti nell’ascolto, c’è la pietra filosofale del “liquidfeedback” (sic), sorta dell’invenzione della ruota che consentirà una nuova umanità “più povera, ma sicuramente più felice”. Al momento dei saluti, mi torna in mente il concetto principale fin qui pronunciato, quel “format esportabile”, e non posso fare a meno di ripensare Ugo Tognazzi nell’ultima scena di Vogliamo i colonnelli, il suo colpo di Stato è fallito, non gli resta che spacciare per buono il suo “golpe garantito”, lo ritroviamo così in cerca di acquirenti, un possibile cliente è appena arrivato dall’Africa nera. Dice Ugo: “Perché il golpe riesca basta prendere l’edificio della televisione”. Replica l’altro: “Non ce l’abbiamo, la televisione”. E Tognazzi: “Ma almeno telefoni ce ne sono? Alla risposta affermativa, l’affare è fatto, il piano del golpe è venduto. Se non mi credi, vai a rivedere il film su YouTube, così poi ridiamo insieme.


Commento:


Care compagne e compagni, con la rivoluzione non si scherza, cerchiamo di impegnarci sempre più e meglio per esportare la rivoluzione vera in ogni parte del mondo per la giustizia, la pace ed il progresso dell’umanità.

Viva la 4 Internazionale, viva Marx, viva Engels, viva Lenin, viva Trotsky
Compagno Al
 

mercoledì 20 marzo 2013

JORGE BERGOGLIO NELLA DITTATURA IN ARGENTINA


 JORGE BERGOGLIO NELLA DITTATURA IN ARGENTINA
Data: Sabato, 16 marzo @ 17:10:00 CDT
Argomento: Argentina
DI HORACIO VERBITSKY
rebelion.org
Il ruolo del Cardinale Bergoglio nella scomparsa dei sacerdoti e nell’appoggio dato al regime dittatoriale è confermato da cinque nuovi testimoni. Parlano un sacerdote e un ex sacerdote, un teologo, un laico di una fraternità laica che denunciò al Vaticano quello che succedeva in Argentina nel 1976 e un laico che fu sequestrato insieme a due sacerdoti che non ritornarono. La  reazione rabbiosa di Bergoglio, che incolpa il governo per aver spulciato i suoi documenti.
Cinque nuove testimonianze, si sono presentate spontaneamente a seguito dell'articolo “Su pasado lo condena”, e confermano il ruolo del cardinale Jorge Bergoglio nella repressione del governo militare sui ranghi della Chiesa cattolica che oggi presiede, tra cui la scomparsa di sacerdoti . Chi sta parlando sono  una teologa che per decenni ha insegnato catechismo nelle scuole della diocesi di Morón,l’  ex Superiore di una Confraternità sacerdotale che è stata decimata dalle sparizioni forzate e  un laico della stessa Confraternità, che denunciò i casi in Vaticano, un sacerdote e un laico  che furono entrambi rapiti e torturati.

Teologa in minigonna

Due mesi dopo il colpo di stato militare del 1976, il Vescovo di Morón, Miguel Raspanti, ha cercato di proteggere i sacerdoti Orlando Yorio e Francisco Jalics perché temeva che fossero sequestrati, ma Bergoglio si oppose. Questo è quanto dichiara l’ex insegnante  di catechismo  della scuola della Diocesi di Morón, Marina Rubino, che in quel periodo stava studiando teologia al Colegio  Maximo de San Miguel, dove viveva Bergoglio. Per questo fatto li conosceva tutti e due. Inoltre era stata un’ allieva di Yorio e di Jalics e conosceva il rischio che correvano entrambi. Marina ha deciso  di testimoniare dopo aver letto un articolo sul libro che  scarica da qualsiasi responsabilità  Bergoglio.

Marina Rubino vive a Morón da sempre. Nel Collegio del Sacro Cuore di Castelar  insegnava  catechismo ai ragazzi e formava i genitori, cosa che le sembrava ancora più importante. "Una volta al mese ci incontravamo con loro. Era un bel lavoro. Questa esperienza durò quindici anni. " Inoltre tenne corsi di introduzione alla Bibbia in tutti i luoghi non-turistici dell’ Argentina. Preparavamo un foglietto con i commenti sulle letture della domenica e volevamo che in questo modo le comunità trovassero cose su cui riflettere ". Da quando è andata in pensione, insegna tessitura nei centri culturali, nei centri di recupero  o nellecase.
Non volle entrare nel seminario di Villa Devoto, perché non le  interessavano le letture, ma solo la Bibbia. Nel 1972 iniziò  a studiare teologia presso la Universidad del Salvador e fece la sua carriera scolastica al Colegio  Maximo de San Miguel. Nel primo anno studiò con il Professor  Francisco Jalics e nel secondo con Orlando Yorio. Mentre studiava, coordinava il  catechismo nel Collegio del Sacro Cuore di Castelar, dove viveva anche la religiosa francese Suor Leonie Duquet .
"I tempi erano duri. Per aver  fatto, nel collegio,  una scelta per i poveri perché avevamo preso sul serio il Concilio Vaticano II e la riunione del CELAM di Medellin , avevamo perso la metà degli studenti. Ma continuammo  per questa strada per educare le persone  ad avere una mente più aperta alla realtà e all’impegno per i più bisognosi, sostenevamo che la fede deve rafforzare questi atteggiamenti e non il contrario. "
Il Vescovo era Miguel Raspanti, che allora aveva 68 anni ed era stato ordinato nel 1957, negli ultimi anni del papato di Pio XII. Era un uomo ben intenzionato che fece ogni sforzo per adattarsi ai cambiamenti del Consiglio, a cui partecipò. Dopo il movimento di protesta del 1969, il “Cordobazo”  cominciò a ripudiare le strutture ingiuste del capitalismo e a chiedere l'impegno per"la liberazione dei nostri fratelli che hanno bisogno."
Ma il problema più grave che vidi a Morón era l'aumento delle tasse sulle piccole imprese e sui proprietari della classe media. "Molte volte abbiamo dovuto discuterne e parlare di questi problemi nella diocesi e il vescovo Raspanti di solito alla fine dell’incontro ci chiedeva se ci avessimo pensato bene, che dovevamo fare questo o quello e che, se fossimo convinti di quello che volevamo fare,  lui ci avrebbe sostenuto", dice Marina. Le sue parole sono seguite con attenzione dal marito, Joe Godino, un ex sacerdote di Santa María,  a Córdoba, uno di quelli che hanno aderito al Movimento dei Sacerdoti per il Terzo Mondo.

Marina stava studiando teologia al San Miguel dalle 8.30 alle 12.30. Non aveva preso una borsa di studio perché donna, ma perché  coordinatrice della catechesi in una scuola del vescovato, Raspanti intercedette e riuscì a far  sobbarcare i costi dei suoi studi ad un ente tedesco . Nemmeno vollero darle il diploma quando finì gli studi nel 1977. Il direttore del teologado, José Luis Lazzarini, disse che c’era un problema, non si erano resi conto che era una donna. Allora Marina andò a cercare chi l’aveva ricevuta quando era entrata, il gesuita Victor Marangoni:
-La prima volta che mi ha visto, non si è accorto che ero una donna?
- Sì, certo, perché? Rispose imbarazzato il rettore a quella furia  in minigonna.
-Perché Lazzarini non mi vuole dare il diploma.
Marangoni si occupò di risolvere queste sciocchezze. Marina ha un diploma ma nessuno glielo ha mai consegnato ufficialmente.

La De-protezione

Un pomeriggio, alla fine delle lezioni, "Incontrai  Monsignor Raspanti  in piedi, da solo, in mezzo all’atrio. Non so perché stava aspettando lì. Era in silenzio e gli chiesi se stesse aspettando qualcuno e lui disse sì, che aspettava il Padre  provinciale Bergoglio. Aveva un volto tirato, pallido, ho pensato che fosse indisposto. L'ho salutato, gli ho chiesto se si sentiva bene, poi l'ho invitato a sedersi nel salotto accanto al corridoio. "

-No, non mi sento male, ma sono molto preoccupato – rispose Raspanti.

Marina dice di avere quel giorno stampato nella memoria, parla con voce calma, ma si vede tutto il suo coinvolgimento nei suoi occhi grandi ed espressivi. Pepe la guarda teneramente.

"Sono rimasta scioccata nel vedere Raspanti da solo, di solito era sempre accompagnato dal suo segretario," dice. 
Marina sapeva che i suoi insegnanti  Jalics e Yorio con un terzo gesuita , Luis  Dourron, che lavorava con lei nel Collegio di Castelar, avevano chiesto il trasferimento alla Diocesi di Morón. Yorio, Jalics, Dourron ed Enrique Rastellini,  che era anche lui  gesuita, avevano vissuto insieme  nella comunità fin dal 1970, prima a Ituzaingó e poi a Quarter Rivadavia, vicino  alla Gran Villa di Bajo Flores,  e questo lo sapevano e  l’avevano approvato tutti i padri provinciali della Compagna del Gesù che si erano succeduti,  Ricardo-Dick O'Farrell e Bergoglio.
"Gli dissi che sia Orlando che Francisco erano stati miei insegnanti e che Luis lavorava con noi nella diocesi, che erano irreprensibili e che non dubitavo che li avrebbero accettati. Tutti erano in attesa di sapere che sarebbe successo a Morón. Nessuno che conosceva la situazione aveva mai avuto qualcosa da ridire. Raspanti disse che era venuto a parlare con Bergoglio proprio di questo. Luis era già stato accettato, ma gli serviva una lettera di Bergoglio che autorizzasse il trasferimento di  Yorio e Jalics. "

Marina comprese che si trattava di una mera formalità, ma Raspanti le spiegò che la situazione era più complicata. "Con le pessime referenze che gli aveva mandato  Bergoglio non potevano essere  accettati nella diocesi. Era molto preoccupato perché in quel momento né Orlando né Francisco  dipendevano  da nessuna autorità ecclesiastica :

- Non posso lasciare che due sacerdoti in questa situazione e  non posso nemmeno accettarli con la relazione che mi ha mandato. Vengo a chiedergli  che semplicemente li autorizzi e che ritiri questa relazione che dice cose molto gravi.-

Chiunque aiutasse a pensare era un guerrigliero, dice Marina. Accompagnò il suo vescovo da Bergoglio che lo ricevette e poi se ne andò.  Quando uscì vide che nel  parcheggio non c’era nemmeno l’auto di Raspanti. "Deve essere venuto in autobus, per non essere seguito. Voleva che la cosa restasse  tra loro due. Stava facendo tutto il possibile per dare loro rifugio. "

La teologa dice di essere stata colpita dall’angoscia di Raspanti, "che anche se non potrebbe essere definito un vescovo progressista, ci aveva sempre difeso, aveva difeso i sacerdoti della diocesi, si portava a dormire nella casa episcopale tutte le persone che correvano un rischio e non ci proibì di fare o dire qualsiasi cosa che consideravamo frutto del nostro impegno cristiano. Come un buon salesiano si comportava come una chioccia con i suoi sacerdoti e con i laici, li metteva al riparo e li curava anche se non era d'accordo con loro. C’erano diversi punti di vista, ma lui sapeva ascoltare e accettare molte cose. " Uno di questi sacerdoti era  Luis Piguillem, che era stato minacciato. Tornava in bicicletta quando si imbatté in un blocco  di polizia che impediva il passaggio. Insistette che voleva passare, perché la sua casa era dentro il barrio e un poliziotto gli disse: 
- Bisogna  aspettare perché stiamo facendo un'operazione in casa del prete -
Piguillem girò la bicicletta e se ne andò senza voltarsi indietro. Da lì se ne andò al vescovado di Moron dove Raspanti gli diede rifugio. L'esercito disse che si era nascosto sotto le gonne del vescovo. Ma non osarono cercarlo lì.
- Raspanti era consapevole del rischio che correvano  Yorio e Jalics?
-Sì. Disse che aveva paura che scomparissero.  Due sacerdoti non possono restare sospesi in aria, senza un responsabile gerarchico che li protegga. Qualche giorno dopo abbiamo saputo che li avevano portati via.

Da Cordoba a Cleveland

Un'altra testimonianza presa in seguito alla pubblicazione di domenica è il sacerdote Alejandro Dausa, che è stato rapito il 3 agosto 1976 a Cordova quando era seminarista nell'Ordine dei Missionari di Nostra Signora de La Salette. Dopo sei mesi in cui di torture della polizia nel Dipartimento dell'Intelligence Cordoba D2 ha potuto partire per gli Stati Uniti, dove era già arrivato il responsabile del seminario, il  sacerdote statunitense  James Weeks, per il quale si era interessato il governo del suo paese. Quest'anno si terrà a Cordoba il processo per quell'episodio, il cui principale imputato è il generale Luciano Menendez. Adesso  Dausa vive in Bolivia e racconta che sia Yorio che Jalics gli dissero  che Bergoglio li aveva consegnati.
All’arrivo negli Stati Uniti, apprese da organizzazioni per i diritti umani che Jalics si trovava a Cleveland, a casa di una sorella. Dausa e altri seminaristi che stavano iniziando il noviziato, fu invitato a condurre due ritiri. Entrambi furono tenuti nel 1977, uno a Altamont (stato di New York) e l’altro a Ipswich (Massachusetts). Ricorda Dausa: "Naturalmente, abbiamo discusso sui rispettivi rapimenti, dettagli, caratteristiche,  storia,  segnali precedenti, persone coinvolte, ecc. In quelle conversazioni ci disse che Bergoglio li aveva consegnati o denunciati. "
Nel decennio successivo,  Dausa ha lavorato come sacerdote in Bolivia e ha partecipato al ritiro annuale di La Salette in Argentina. In uno di essi gli organizzatori invitarono  Orlando Yorio, che a quel tempo lavorava a Quilmes. "Il ritiro fu a Carlos Paz, a Córdoba, e anche in quel caso si parlò della esperienza del sequestro. Orlando disse la stessa cosa di  Jalics sulle responsabilità di Bergoglio. "

Gli Assunzionisti

Yorio e Jalics furono rapiti il ??23 maggio 1976 e portati alla ESMA, dove li interrogò uno  specialista in affari ecclesiastici che conosceva l’opera teologica di Yorio. In uno degli interrogatori gli chiese dei seminaristi Assunzionisti Carlos Antonio Di Pietro e Raul Eduardo Rodriguez. Entrambi erano compagni di Marina Rubino al Teologato di San Miguel  e svolgevano un  lavoro sociale nel famoso quartiere La Manuelita di San Miguel, dove vivevano e curavano la cappella di Gesù Obrero. Da lì furono sequestrati  dieci giorni dopo i due gesuiti, il 4 giugno 1976, e portati nella stessa casa  operativa di Yorio e Jalics. A metà mattina Di Pietro telefonò al Superiore Assunzionista Roberto Favre e gli chiese del sacerdote Jorge Adur, che viveva con loro nella Manuelita.
-Abbiamo ricevuto un telegramma per lui e dobbiamo consgnarglielo - disse.
In questo modo riuscì a  mettere in moto l'Ordine. Il Superiore Roberto Favre presentò un ricorso per  habeas corpus, che non ebbe risposta. Adur  riuscì a lasciare il paese con l'assistenza del Nunzio Pio Laghi, e andò in esilio in Francia. Tornò clandestinamente nel 1980, come un sedicente cappellano dell’  " Ejército Montonero ":  fu catturato e scomparve mentre andava verso il Brasile, dove voleva incontrare Papa Giovanni Paolo II.
La stessa strada per l’esilio seguì uno degli  arrestati durante la razzia nel barrio La Manuelita, l’allora studente di medicina e oggi medico Lorenzo Riquelme. Quando tornò in libertà la confraternità dei Piccoli Fratelli del Vangelo lo ospitò nella casa porteña della calle Malabia. Nelle comunicazioni dalla Francia con chi era allora il superiore dei Piccoli Fratelli del Vangelo, Patrick Rice,  Riquelme disse che chi lo aveva denunciato era un gesuita del  Collegio di San Miguel, che era al tempo stesso il cappellano militare. E’ convinto che questo sacerdote abbia assistito alle sue torture che crede avvennero a  Campo de Mayo.

L’ammorbidente

Anche a seguito della nota di domenica ha accettato di raccontare quello che conosce sul caso uno dei fondatori della Fraternità secolare dei Piccoli Fratelli del Vangelo Charles de Foucauld, Roberto Scordato.
Tra fine ottobre e inizio novembre 1976, Scordato si riunì a Roma con il cardinale Eduardo Pironio, che era prefetto della Congregazione vaticana per i Religiosi, e gli disse il nome e cognome di un sacerdote della comunità dei Gesuiti di San Miguel  che partecipava alle sessioni di tortura a Campo de Mayo con il ruolo di "ammorbidire spiritualmente " i detenuti.
Scordato gli chiese di dirlo al Superiore Generale Pedro Arrupe, ma non sa quello che fece, se fece qualcosa.  Consultato per questo articolo, Rice che anche lui fu rapito e torturato quell'anno, ha detto che questo non sarebbe stato possibile senza l'approvazione del padre provinciale. Rise e il  gesuita Scordato credono che il nome di quel gesuita fosse  Gonzalez , ma a 34 anni di distanza, ma non lo ricordano con certezza.

Irascibilità

Come ogni volta che il suo passato lo raggiunge,  Bergoglio attribuisce la divulgazione dei suoi atti al governo nazionale. Questa settimana ha reagito furiosamente, durante la sua omelia a una Messa per gli studenti. In quello che il suo portavoce ha descritto come "un messaggio al potere politico", ha detto che "non abbiamo il diritto di cambiare l’identità e l'orientamento alla patria", se non per  "proiettarla nel futuro in una utopia che sia la continuità con ciò che ci fu dato ",che i bambini non hanno nessun altra prospettiva se non comprarsi una cartina di bruscolini all’angolo della scuola e che i capi cerchino di arrampicarsi, di riempire la cassa e di promuovere gli amici.

Horacio Verbitsky
Fonte:http://www.rebelion.org
http://www.rebelion.org/noticia.php?id=165295
14.03.2013

JORGE BERGOGLIO NELLA DITTATURA IN ARGENTINA
Data: Sabato, 16 marzo @ 17:10:00 CDT
Argomento: Argentina
DI HORACIO VERBITSKY
rebelion.org

Il ruolo del Cardinale Bergoglio nella scomparsa dei sacerdoti e nell’appoggio dato al regime dittatoriale è confermato da cinque nuovi testimoni. Parlano un sacerdote e un ex sacerdote, un teologo, un laico di una fraternità laica che denunciò al Vaticano quello che succedeva in Argentina nel 1976 e un laico che fu sequestrato insieme a due sacerdoti che non ritornarono. La  reazione rabbiosa di Bergoglio, che incolpa il governo per aver spulciato i suoi documenti.

Cinque nuove testimonianze, si sono presentate spontaneamente a seguito dell'articolo “Su pasado lo condena”, e confermano il ruolo del cardinale Jorge Bergoglio nella repressione del governo militare sui ranghi della Chiesa cattolica che oggi presiede, tra cui la scomparsa di sacerdoti . Chi sta parlando sono  una teologa che per decenni ha insegnato catechismo nelle scuole della diocesi di Morón,l’  ex Superiore di una Confraternità sacerdotale che è stata decimata dalle sparizioni forzate e  un laico della stessa Confraternità, che denunciò i casi in Vaticano, un sacerdote e un laico  che furono entrambi rapiti e torturati.

Teologa in minigonna

Due mesi dopo il colpo di stato militare del 1976, il Vescovo di Morón, Miguel Raspanti, ha cercato di proteggere i sacerdoti Orlando Yorio e Francisco Jalics perché temeva che fossero sequestrati, ma Bergoglio si oppose. Questo è quanto dichiara l’ex insegnante  di catechismo  della scuola della Diocesi di Morón, Marina Rubino, che in quel periodo stava studiando teologia al Colegio  Maximo de San Miguel, dove viveva Bergoglio. Per questo fatto li conosceva tutti e due. Inoltre era stata un’ allieva di Yorio e di Jalics e conosceva il rischio che correvano entrambi. Marina ha deciso  di testimoniare dopo aver letto un articolo sul libro che  scarica da qualsiasi responsabilità  Bergoglio.

Marina Rubino vive a Morón da sempre. Nel Collegio del Sacro Cuore di Castelar  insegnava  catechismo ai ragazzi e formava i genitori, cosa che le sembrava ancora più importante. "Una volta al mese ci incontravamo con loro. Era un bel lavoro. Questa esperienza durò quindici anni. " Inoltre tenne corsi di introduzione alla Bibbia in tutti i luoghi non-turistici dell’ Argentina. Preparavamo un foglietto con i commenti sulle letture della domenica e volevamo che in questo modo le comunità trovassero cose su cui riflettere ". Da quando è andata in pensione, insegna tessitura nei centri culturali, nei centri di recupero  o nellecase.
Non volle entrare nel seminario di Villa Devoto, perché non le  interessavano le letture, ma solo la Bibbia. Nel 1972 iniziò  a studiare teologia presso la Universidad del Salvador e fece la sua carriera scolastica al Colegio  Maximo de San Miguel. Nel primo anno studiò con il Professor  Francisco Jalics e nel secondo con Orlando Yorio. Mentre studiava, coordinava il  catechismo nel Collegio del Sacro Cuore di Castelar, dove viveva anche la religiosa francese Suor Leonie Duquet .
"I tempi erano duri. Per aver  fatto, nel collegio,  una scelta per i poveri perché avevamo preso sul serio il Concilio Vaticano II e la riunione del CELAM di Medellin , avevamo perso la metà degli studenti. Ma continuammo  per questa strada per educare le persone  ad avere una mente più aperta alla realtà e all’impegno per i più bisognosi, sostenevamo che la fede deve rafforzare questi atteggiamenti e non il contrario. "
Il Vescovo era Miguel Raspanti, che allora aveva 68 anni ed era stato ordinato nel 1957, negli ultimi anni del papato di Pio XII. Era un uomo ben intenzionato che fece ogni sforzo per adattarsi ai cambiamenti del Consiglio, a cui partecipò. Dopo il movimento di protesta del 1969, il “Cordobazo”  cominciò a ripudiare le strutture ingiuste del capitalismo e a chiedere l'impegno per"la liberazione dei nostri fratelli che hanno bisogno."
Ma il problema più grave che vidi a Morón era l'aumento delle tasse sulle piccole imprese e sui proprietari della classe media. "Molte volte abbiamo dovuto discuterne e parlare di questi problemi nella diocesi e il vescovo Raspanti di solito alla fine dell’incontro ci chiedeva se ci avessimo pensato bene, che dovevamo fare questo o quello e che, se fossimo convinti di quello che volevamo fare,  lui ci avrebbe sostenuto", dice Marina. Le sue parole sono seguite con attenzione dal marito, Joe Godino, un ex sacerdote di Santa María,  a Córdoba, uno di quelli che hanno aderito al Movimento dei Sacerdoti per il Terzo Mondo.

Marina stava studiando teologia al San Miguel dalle 8.30 alle 12.30. Non aveva preso una borsa di studio perché donna, ma perché  coordinatrice della catechesi in una scuola del vescovato, Raspanti intercedette e riuscì a far  sobbarcare i costi dei suoi studi ad un ente tedesco . Nemmeno vollero darle il diploma quando finì gli studi nel 1977. Il direttore del teologado, José Luis Lazzarini, disse che c’era un problema, non si erano resi conto che era una donna. Allora Marina andò a cercare chi l’aveva ricevuta quando era entrata, il gesuita Victor Marangoni:
-La prima volta che mi ha visto, non si è accorto che ero una donna?
- Sì, certo, perché? Rispose imbarazzato il rettore a quella furia  in minigonna.
-Perché Lazzarini non mi vuole dare il diploma.
Marangoni si occupò di risolvere queste sciocchezze. Marina ha un diploma ma nessuno glielo ha mai consegnato ufficialmente.

La De-protezione

Un pomeriggio, alla fine delle lezioni, "Incontrai  Monsignor Raspanti  in piedi, da solo, in mezzo all’atrio. Non so perché stava aspettando lì. Era in silenzio e gli chiesi se stesse aspettando qualcuno e lui disse sì, che aspettava il Padre  provinciale Bergoglio. Aveva un volto tirato, pallido, ho pensato che fosse indisposto. L'ho salutato, gli ho chiesto se si sentiva bene, poi l'ho invitato a sedersi nel salotto accanto al corridoio. "

-No, non mi sento male, ma sono molto preoccupato – rispose Raspanti.

Marina dice di avere quel giorno stampato nella memoria, parla con voce calma, ma si vede tutto il suo coinvolgimento nei suoi occhi grandi ed espressivi. Pepe la guarda teneramente.

"Sono rimasta scioccata nel vedere Raspanti da solo, di solito era sempre accompagnato dal suo segretario," dice. 
Marina sapeva che i suoi insegnanti  Jalics e Yorio con un terzo gesuita , Luis  Dourron, che lavorava con lei nel Collegio di Castelar, avevano chiesto il trasferimento alla Diocesi di Morón. Yorio, Jalics, Dourron ed Enrique Rastellini,  che era anche lui  gesuita, avevano vissuto insieme  nella comunità fin dal 1970, prima a Ituzaingó e poi a Quarter Rivadavia, vicino  alla Gran Villa di Bajo Flores,  e questo lo sapevano e  l’avevano approvato tutti i padri provinciali della Compagna del Gesù che si erano succeduti,  Ricardo-Dick O'Farrell e Bergoglio.
"Gli dissi che sia Orlando che Francisco erano stati miei insegnanti e che Luis lavorava con noi nella diocesi, che erano irreprensibili e che non dubitavo che li avrebbero accettati. Tutti erano in attesa di sapere che sarebbe successo a Morón. Nessuno che conosceva la situazione aveva mai avuto qualcosa da ridire. Raspanti disse che era venuto a parlare con Bergoglio proprio di questo. Luis era già stato accettato, ma gli serviva una lettera di Bergoglio che autorizzasse il trasferimento di  Yorio e Jalics. "

Marina comprese che si trattava di una mera formalità, ma Raspanti le spiegò che la situazione era più complicata. "Con le pessime referenze che gli aveva mandato  Bergoglio non potevano essere  accettati nella diocesi. Era molto preoccupato perché in quel momento né Orlando né Francisco  dipendevano  da nessuna autorità ecclesiastica :

- Non posso lasciare che due sacerdoti in questa situazione e  non posso nemmeno accettarli con la relazione che mi ha mandato. Vengo a chiedergli  che semplicemente li autorizzi e che ritiri questa relazione che dice cose molto gravi.-

Chiunque aiutasse a pensare era un guerrigliero, dice Marina. Accompagnò il suo vescovo da Bergoglio che lo ricevette e poi se ne andò.  Quando uscì vide che nel  parcheggio non c’era nemmeno l’auto di Raspanti. "Deve essere venuto in autobus, per non essere seguito. Voleva che la cosa restasse  tra loro due. Stava facendo tutto il possibile per dare loro rifugio. "

La teologa dice di essere stata colpita dall’angoscia di Raspanti, "che anche se non potrebbe essere definito un vescovo progressista, ci aveva sempre difeso, aveva difeso i sacerdoti della diocesi, si portava a dormire nella casa episcopale tutte le persone che correvano un rischio e non ci proibì di fare o dire qualsiasi cosa che consideravamo frutto del nostro impegno cristiano. Come un buon salesiano si comportava come una chioccia con i suoi sacerdoti e con i laici, li metteva al riparo e li curava anche se non era d'accordo con loro. C’erano diversi punti di vista, ma lui sapeva ascoltare e accettare molte cose. " Uno di questi sacerdoti era  Luis Piguillem, che era stato minacciato. Tornava in bicicletta quando si imbatté in un blocco  di polizia che impediva il passaggio. Insistette che voleva passare, perché la sua casa era dentro il barrio e un poliziotto gli disse: 
- Bisogna  aspettare perché stiamo facendo un'operazione in casa del prete -
Piguillem girò la bicicletta e se ne andò senza voltarsi indietro. Da lì se ne andò al vescovado di Moron dove Raspanti gli diede rifugio. L'esercito disse che si era nascosto sotto le gonne del vescovo. Ma non osarono cercarlo lì.
- Raspanti era consapevole del rischio che correvano  Yorio e Jalics?
-Sì. Disse che aveva paura che scomparissero.  Due sacerdoti non possono restare sospesi in aria, senza un responsabile gerarchico che li protegga. Qualche giorno dopo abbiamo saputo che li avevano portati via.

Da Cordoba a Cleveland

Un'altra testimonianza presa in seguito alla pubblicazione di domenica è il sacerdote Alejandro Dausa, che è stato rapito il 3 agosto 1976 a Cordova quando era seminarista nell'Ordine dei Missionari di Nostra Signora de La Salette. Dopo sei mesi in cui di torture della polizia nel Dipartimento dell'Intelligence Cordoba D2 ha potuto partire per gli Stati Uniti, dove era già arrivato il responsabile del seminario, il  sacerdote statunitense  James Weeks, per il quale si era interessato il governo del suo paese. Quest'anno si terrà a Cordoba il processo per quell'episodio, il cui principale imputato è il generale Luciano Menendez. Adesso  Dausa vive in Bolivia e racconta che sia Yorio che Jalics gli dissero  che Bergoglio li aveva consegnati.
All’arrivo negli Stati Uniti, apprese da organizzazioni per i diritti umani che Jalics si trovava a Cleveland, a casa di una sorella. Dausa e altri seminaristi che stavano iniziando il noviziato, fu invitato a condurre due ritiri. Entrambi furono tenuti nel 1977, uno a Altamont (stato di New York) e l’altro a Ipswich (Massachusetts). Ricorda Dausa: "Naturalmente, abbiamo discusso sui rispettivi rapimenti, dettagli, caratteristiche,  storia,  segnali precedenti, persone coinvolte, ecc. In quelle conversazioni ci disse che Bergoglio li aveva consegnati o denunciati. "
Nel decennio successivo,  Dausa ha lavorato come sacerdote in Bolivia e ha partecipato al ritiro annuale di La Salette in Argentina. In uno di essi gli organizzatori invitarono  Orlando Yorio, che a quel tempo lavorava a Quilmes. "Il ritiro fu a Carlos Paz, a Córdoba, e anche in quel caso si parlò della esperienza del sequestro. Orlando disse la stessa cosa di  Jalics sulle responsabilità di Bergoglio. "

Gli Assunzionisti

Yorio e Jalics furono rapiti il ??23 maggio 1976 e portati alla ESMA, dove li interrogò uno  specialista in affari ecclesiastici che conosceva l’opera teologica di Yorio. In uno degli interrogatori gli chiese dei seminaristi Assunzionisti Carlos Antonio Di Pietro e Raul Eduardo Rodriguez. Entrambi erano compagni di Marina Rubino al Teologato di San Miguel  e svolgevano un  lavoro sociale nel famoso quartiere La Manuelita di San Miguel, dove vivevano e curavano la cappella di Gesù Obrero. Da lì furono sequestrati  dieci giorni dopo i due gesuiti, il 4 giugno 1976, e portati nella stessa casa  operativa di Yorio e Jalics. A metà mattina Di Pietro telefonò al Superiore Assunzionista Roberto Favre e gli chiese del sacerdote Jorge Adur, che viveva con loro nella Manuelita.
-Abbiamo ricevuto un telegramma per lui e dobbiamo consgnarglielo - disse.
In questo modo riuscì a  mettere in moto l'Ordine. Il Superiore Roberto Favre presentò un ricorso per  habeas corpus, che non ebbe risposta. Adur  riuscì a lasciare il paese con l'assistenza del Nunzio Pio Laghi, e andò in esilio in Francia. Tornò clandestinamente nel 1980, come un sedicente cappellano dell’  " Ejército Montonero ":  fu catturato e scomparve mentre andava verso il Brasile, dove voleva incontrare Papa Giovanni Paolo II.
La stessa strada per l’esilio seguì uno degli  arrestati durante la razzia nel barrio La Manuelita, l’allora studente di medicina e oggi medico Lorenzo Riquelme. Quando tornò in libertà la confraternità dei Piccoli Fratelli del Vangelo lo ospitò nella casa porteña della calle Malabia. Nelle comunicazioni dalla Francia con chi era allora il superiore dei Piccoli Fratelli del Vangelo, Patrick Rice,  Riquelme disse che chi lo aveva denunciato era un gesuita del  Collegio di San Miguel, che era al tempo stesso il cappellano militare. E’ convinto che questo sacerdote abbia assistito alle sue torture che crede avvennero a  Campo de Mayo.

L’ammorbidente

Anche a seguito della nota di domenica ha accettato di raccontare quello che conosce sul caso uno dei fondatori della Fraternità secolare dei Piccoli Fratelli del Vangelo Charles de Foucauld, Roberto Scordato.
Tra fine ottobre e inizio novembre 1976, Scordato si riunì a Roma con il cardinale Eduardo Pironio, che era prefetto della Congregazione vaticana per i Religiosi, e gli disse il nome e cognome di un sacerdote della comunità dei Gesuiti di San Miguel  che partecipava alle sessioni di tortura a Campo de Mayo con il ruolo di "ammorbidire spiritualmente " i detenuti.
Scordato gli chiese di dirlo al Superiore Generale Pedro Arrupe, ma non sa quello che fece, se fece qualcosa.  Consultato per questo articolo, Rice che anche lui fu rapito e torturato quell'anno, ha detto che questo non sarebbe stato possibile senza l'approvazione del padre provinciale. Rise e il  gesuita Scordato credono che il nome di quel gesuita fosse  Gonzalez , ma a 34 anni di distanza, ma non lo ricordano con certezza.
  • Irascibilità

Come ogni volta che il suo passato lo raggiunge,  Bergoglio attribuisce la divulgazione dei suoi atti al governo nazionale. Questa settimana ha reagito furiosamente, durante la sua omelia a una Messa per gli studenti. In quello che il suo portavoce ha descritto come "un messaggio al potere politico", ha detto che "non abbiamo il diritto di cambiare l’identità e l'orientamento alla patria", se non per  "proiettarla nel futuro in una utopia che sia la continuità con ciò che ci fu dato ",che i bambini non hanno nessun altra prospettiva se non comprarsi una cartina di bruscolini all’angolo della scuola e che i capi cerchino di arrampicarsi, di riempire la cassa e di promuovere gli amici.

Horacio Verbitsky
Fonte:http://www.rebelion.org
http://www.rebelion.org/noticia.php?id=165295
14.03.2013



mercoledì 6 marzo 2013

Camerati a 5 stelle, sì, no, forse


Camerati a 5 stelle, sì, no, forse

Pubblicato il 4 mar 2013 su “Liberazione”
di Checchino Antonini -
«Sono almeno quattro i camerati neo-eletti con il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo. Si tratta di un senatore, due deputati e un consigliere regionale in Lombardia, che hanno militato nella Fiamma tricolore di Pino Rauti fino al 2002 ma che, anche successivamente, hanno mantenuto saldi contatti con l’area della destra radicale, sopratutto, con gli ambienti culturali come il Centro studi Polaris di Gabriele Adinolfi, il Movimento Zero di Massimo Fini ed il comitato Destra per Milano di Roberto Jonghi Lavarini». A mandare in giro la notizia è l’avvocato Vincenzo Forte, già dirigente Msi e di Unione patriottica, che ora si dichiara «elettore del Movimento 5 stelle». Forte però non fa i nomi. A metà tra un messaggio in codice e un coming out, il post dell’avvocato sta facendo il giro della rete. Vale la pena di ricordare che Forte è quello dei “monarchici per Ambrosoli”, tentativo semiseri della “nobiltà nera” meneghina di presentare una propria lista, Stella & Corona, a sostegno del figlio dell’eroe borghese che però ha rispedito l’invito al mittente. Ma da Bergamo, a dicembre scorso, Forte aveva definito Ambrosoli «persona assolutamente perbene, borghese e benestante, cattolico e moderato, di antica tradizione familiare patriottica e monarchica nonché premiato da Casa Savoia con il titolo di “Cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro”».
Negli ambienti di Forte c’è chi conferma la notizia restringendo a due i camerati neo-eletti, niente nomi e una sostanziale minimizzazione della faccenda. Si tratterebbe di personaggi transitati nei circoli della fiamma di rautiana memoria una decina di anni fa senza posizioni di rilievo.
Vero è che gli eredi dell’ex segretario del Msi lamentano la scopiazzatura da parte di Grillo dei temi a loro più cari. Dice ad esempio il federale ravennate della Fiamma tricolore: «Dopo essersi appropriato di idee e proposte politiche della destra radicale come la nazionalizzazione della Banca d’Italia, la sovranità monetaria con il ritorno alla moneta nazionale e quant’altro, se n’è uscito con l’ “innovativa” proposta di salario minimo garantito per i disoccupati: peccato che il comico si sia scordato di raccontare agli intervenuti al suo Tsunami-show, che tale idea è una battaglia sociale di Fiamma Tricolore sin dalla sua nascita il 1995, nata dalla sensibilità politica dell’allora segretario Pino Rauti».
In altri ambiti della “fascisteria”, invece, Forte non viene preso sul serio, pare che non goda di largo credito. Tuttavia vale la pena ricordare che Rauti era il teorico dello “sfondamento a sinistra” e le tecniche di infiltrazione vennero praticate con un certo successo negli ambiti di Avanguardia nazionale facendo eleggere negli anni 70 tal Paolo Romeo come deputato del Psdi, il partito dei socialdemocratici. Romeo venne accusato con altri camerati tra i mandanti della strage di Gioia Tauro, il deragliamento del direttissimo Torino-Palermo, 6 morti e 66 feriti.
Se non sono confermate, dunque, le dichiarazioni di Forte «cantano invece vittoria i tanti fascisti che, come Staiti, hanno deciso di puntare sulla carica antisistema di Grillo». Tomaso Staiti di Cuddia è un nobile fascista «anticapitalista e antiamericano» che aveva seguito Fini e chi scrive è Ugo Maria Tassinari, uno dei più eminenti esperti di fascisterie».
Massimo Fini, tirato in ballo, dall’avvocato Forte, mette in rete anche lui qualcosa: «Per chi non l’avesse ancora capito Grillo e Casaleggio sono dei tradizionalisti che utilizzano abilmente mezzi modernissimi, il web, contro la Modernità». E, ancora, Tassinari: «Oggi, però, mi sembra di poter dire che il terremoto elettorale sancisce, con la fine del bipolarismo maggioritario, la definitiva conclusione dell’infinita transizione dal “secolo breve” al post-politico. Resta comunque forte l’impressione che “tous le bateaux vont à l’hasard pour rien”. E quindi bisognerà munirsi di nuovi strumenti di conoscenza e di interpretazione». Lo tsunami ha attecchito anche a destra, infiltrazioni o meno.
«Di destra – spiega ancora Tassinari – è chi pensa che la nazione sarebbe – e un tempo era – unita, armoniosa, concorde, e se non lo è (più) la colpa è di forze estranee, intrusi, nemici che si sono infilati e confusi in mezzo a noi e ora vanno ri-isolati e, se possibile, espulsi, così la comunità tornerà unita. Tutte le destre partono da questa premessa, che può essere ritrovata a monte di discorsi e movimenti in apparenza molto diversi, da Breivik al Tea Party, dalla Lega Nord ai Tory inglesi, da Casapound agli «anarcocapitalisti» alla Ayn Rand. Per capire se un movimento è di destra o di sinistra, basta vedere come descrive la provenienza dei nemici. Invariabilmente, i nemici vengono “da fuori”, o almeno vengono da fuori le idee dei nemici. A seconda dei momenti e delle fasi storiche, ce la si prende col musulmano o con l’ebreo, con il negro o con lo slavo, con lo zingaro o col comunista che «tifa» per potenze straniere, con i liberal di una “East Coast” americana più mitica che reale, con Obama che “in realtà è nato in Kenya e quindi la sua presidenza è illegale” etc. Rientrano in questo schema anche la “Casta” descritta come altro rispetto al popolo che l’ha votata ed eletta, “Roma ladrona”, la finanza ridotta alle manovre di “speculatori stranieri”, “l’Europa”. Non c’è dubbio che nell’Italia di oggi il discorso egemone, anche tra persone che si pensano e dichiarano di sinistra, sia quello di destra. Che attecchisce facilmente, perché è più semplicistico e consolatorio, e asseconda la spinta a pensare con le viscere. Per questo molte persone con un background di sinistra si precipiteranno a frotte alle urne per votare un movimento che non abbiamo remore a definire fondamentalmente di destra, cioè il grillismo. D’altronde, la colpa di questo è delle sinistre, che fanno di tutto per risultare invotabili».
D’altronde il mantra del leader a 5 stelle sulla “comunità” è uno dei punti di maggior contatto con la destra proprio per via della scivolosità del concetto.
Questo articolo (oltre a scatenare le ire dei grillini antemarcia che credono di essere “nuovi”, senza passato, quasi come i raeliani, figli degli alieni) non vuole sostenere alcun teorema, prova solo a fornire piccoli elementi di riflessione sulla genesi del movimento e del suo impressionante seguito elettorale sulla scia di quanto già scritto da Wu Ming, Santoro e Pucciarelli. D’altra parte anche un pezzo di “sinistra” è apertamente attratto dal fenomeno per i più svariati motivi e/o miraggi: da Bifo, settantasettino fino ai Carc (iper m-l). Se proprio si vuole trovare una teoria in questo articolo è che Grillo è così seducente proprio perché consente a ciascuno di sperare e intravedere quello che vuole. Sul sito dei “nazi-maoisti” (Rinascita) si riesce perfino a trovare una convergenza con i Carc (Comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo) che hanno dato indicazione di voto per M5s e uno degli eletti in Lucania, Vito Petrocelli, fino a poco tempo fa era un loro dirigente. «Particolarmente interessante – per il quotidiano nazi-maoista – è il passaggio che riguarda la crisi del capitalismo che avanza e la formazione via via più netta nella comunità internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti, di due poli di aggregazione, “destinati a contrapporsi nello sforzo disperato di sopravvivere”».