Blog della sezione di Massa Carrara del Partito Comunista dei Lavoratori

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venerdì 16 settembre 2011

DAL BRASILE

L'INSTABILE STABILITA’ POLITICA DI DILMA ROUSSEF
Le due crisi di governo affrontate da Dilma Roussef nei suoi primi sei mesi al potere sono state viste, in genere, come incidenti di percorso, o come il logico cammino della "de-lulizzazione" del suo governo. Antonio Palocci, il sottosegretario alla presidenza appena dimesso, aveva subito la stessa sorte quando, da ministro delle finanze del governo Lula, finì coinvolto in un affare che mischiava, berlusconianamente, tangenti, corruzione, frode e sfruttamento della prostituzione (tutto ciò che costituisce un ritratto preciso dell'insignificanza del soggetto in questione).
Riportato al governo dalla Roussef come virtuale primo ministro, Palocci è caduto più velocemente rispetto alla volta precedente per non aver saputo spiegare, a quanto pare, l'aumento di venti volte del suo patrimonio personale negli ultimi quattro anni - un marchio di garanzia del governo frontepopolarista: un’inchiesta di Transparência Brasil ha rilevato che gli elementi del gruppo parlamentare del Partito Comunista Brasiliano, superando tutti gli altri, hanno avuto un aumento dei propri patrimoni, nello stesso periodo, del 1154% (patrimonio dichiarato: una minima parte di quello reale). Gleise Hoffman, succeduta a Palocci, è stata eletta parlamentare con "donazioni" capitaliste pari al doppio di quelle utilizzate da Lula per diventare presidente. Palocci era ben più che un versatile ministro. William Rhodes, principale rappresentante del capitale finanziario internazionale che rinegoziò il debito estero del Brasile negli anni Novanta (rinegoziazione che fu alla base del Plano Real), ha detto (Valor Economico, 8/7) che nel 2002 Palocci fu il mediatore per il semaforo verde dato dal grande capitale mondiale all’elezione di Lula alla presidenza, per la quale doveva garantire la presenza nel suo governo dell'ex sindaco privatizzatore (e corrotto) di Ribeirão Preto. Paolocci era, quindi, il collegamento fra il grande capitale finanziario e il PT, funzione alla quale aspirò, con risultati ben noti, il dimesso e revocato "Re della cassa 2", José Dirceu [durante lo scandalo del mensalão]. Marta Suplicy, presidente del Senato, ha guidato un fallito tentativo del PT di salvare la testa a Palocci, episodio che ha messo in luce il venir meno del PT sulla burocrazia "departitizzata" che parla a suo nome nel governo federale (Fernando Haddad, accademico senza passato politico né intellettuale, attuale ministro dell'istruzione, è stato lanciato da Lula come candidato a sindaco di San Paolo, terza città del Paese per bilancio, a dispetto della base storica del partito nella città dove nacque il PT).
Le dimissioni di Alfredo Nascimento (6 luglio), il ministro dei trasporti coinvolto in frodi milionarie, hanno rivelato pubblicamente che il Partito della Repubblica (ex Partito Liberale, partito dello scomparso vicepresidente Alencar) non è altro che un comitato politico di criminali, per usare un eufemismo. Ora, il PL fu una parte fondamentale del fronte popolare nel 2002, della sua immagine "credibile" e di governo, che ottenne l'appoggio del grande capitale industriale e delle chiese evangeliche. L'indebolimento dei due nuclei originali della vittoria del fronte popolare alle elezioni, l'"operaio" (PT) e il borghese (PL-PR), rende, in un apparente vuoto politico -vuoto che non può essere tollerato né in natura né in politica- quello della Roussef un governo tecnico. L'opposizione borghese non può che segnare il passo, arrivando anche a pensare ad una fusione fra Partido da Social Democracia Brasileira e Democratici; fusione che sembra più un atto di disperazione (con il leader storico del PSDB, Cardoso, promosso "ambasciatore di missioni strategiche" del governo Roussef!) che scongiuri la prospettiva di un lungo allontanamento dalle tette federali da mungere.
Nel governo e nello stato questo vuoto tende ad essere riempito dal PMDB (Partido do Movimento Democrático Brasileiro). Quasi 200 posti in organi federali dovevano essere assegnati da Dilma e le sue emanazioni (Gleise Hoffman e Ideli Salvati) alla " base alleata " per mantenere il suo sostegno parlamentare (ed evitare un'inchiesta parlamentare sugli scandali Palocci e Nascimento). Con 79 deputati, 19 senatori, cinque governi federali e due ministeri, il PMDB ha lanciato un'offensiva sulle cariche federali di secondo e terzo livello di ogni tipo. Sebbene la maggioranza degli "indicati" di Lula tenga (l'ex metalmeccanico sorveglia), la base di Dilma non cresce, al contrario: il governo petista "delulizzato" è un miraggio.
Il FIESP (Federação das Indústrias do Estado de São Paulo) ed i suoi portavoce denunciano il calo dei tassi di interesse, la svalutazione monetaria e la "de- industrializzazione del paese". Questa tendenza non è ciclica, ma riflette il reflusso storico del Brasile, parzialmente occultato da illusioni sui programmi sociali e sulla
"redistribuzione della ricchezza", così come dalla sua condizione internazionale di
"emergente"
("sommergente" sarebbe un neologismo più appropriato).
In un recente rapporto, la fondazione Getulio Vargas ha dipinto il Brasile come paradiso della mobilità e della giustizia sociale, con una crescita di benessere tra il 2003 ed il 2011, che ha portato alla " classe media " (C) 39,5 milioni di brasiliani precedentemente appartenenti alle classi D ed E, un reddito mensile tra 800 e 3.400 USD.
Si sarebbe ridotta al 54,18% la base della piramide (classi D e E), con una caduta della povertà del 15,9%. I principali fattori sarebbero stati i programmi di
"trasferimento del reddito" (Borsa Famiglia) e la caduta del tasso di natalità. Il reddito dei più poveri è cresciuto del 6,3%, quello dei più ricchi solo dell’1,7%: diversamente dalla Cina, la " crescita brasiliana " sarebbe parallela ad una redistribuzione del reddito nazionale che caratterizzerebbe una " crescita con inclusione sociale ", rendendo quello brasiliano " il popolo più ottimista del pianeta ". Le cifre che esprimono questo concetto sono espresse in dollari Usa. Ora, per la sua trasformazione in piattaforma di valorizzazione fittizia del capitale finanziario, iniziata sotto il
"neoliberalismo", accentuata con Lula, la moneta brasiliana si è apprezzata di più del 147% (nello stesso periodo, 1994-2011, il dollaro si è svalutato di quasi il 35%). Cioè, c'è stato un”aggiustamento" in dollari statunitensi di tutte le rendite equivalenti al 182% (147 + 35), in dollari, grazie ad un apprezzamento della valuta, che si riflette su tutta la struttura dei prezzi, dalla benzina fino al biglietto degli autobus, che hanno reso il Brasile uno dei paesi più cari del mondo. Con questa manipolazione dei valori monetari, la percentuale dei poveri in Brasile è passata dal 36% nel 2003, al 27% nel 2007. L’adeguamento del salario minimo è stato del 58,4% in otto anni di governo Lula, ben lontano dalla promessa di raddoppiare il salario minimo ancora nel suo primo mandato (la quota del salario nel reddito nazionale totale è rimasta invariata). Le azioni intraprese dal governo PT per evitare l'apprezzamento del real (interventi sistematici nel mercato dei cambi, tasse, la prima del 2%, la seconda del 6%) sugli investimenti stranieri nel mercato azionario e sulle obbligazioni pubbliche, non hanno fermato la pioggia di dollari attratta da tassi d’interesse senza paragone con il resto del mondo, con un tasso di base di quasi il 13% e spese bancarie dieci volte superiori. Il pagamento degli interessi sul debito pubblico (quasi 700 miliardi di dollari nel 2010) impegna la metà del bilancio federale. La rimessa dei profitti all'estero, di 99 miliardi di dollari Usa negli otto anni precedenti il governo di FERNANDO HENRIQUE CARDOSO ha superato i 194 miliardi di dollari sotto il suo governo ed ha raggiunto 343,5 miliardi di dollari sotto il governo Lula (otto anni). In termini reali la moneta brasiliana dal 2006 si è valorizzata del 40%; nello stesso periodo le importazioni brasiliane sono quasi raddoppiate, mentre le azioni sono cresciute solo del 5%. L'unico motivo per cui il disavanzo delle partite correnti non è esploso sono gli alti prezzi delle materie prime, ma questo boom non può durare per sempre, ha avvertito il Financial Times: " la bicicletta economica si trova di fronte la trincea della guerra monetaria ", ossia la realtà della crisi mondiale; la " bolla ", che è la sua manifestazione fenomenica, è già presente: i consumatori brasiliani sembrano ora " appesantiti ", spendendo più di un quarto del loro reddito per rimborsare i prestiti, - "raggiungendo un livello superiore a quello osservato negli stati uniti nel periodo precedente la crisi del 2008 ", ha avvertito il "Giornale della comunità mondiale degli affari ". La " Borsa Famiglia " è finanziata con percentuali minime delle cifre citate sopra. Questa situazione riflette anche l'incapacità dello Stato brasiliano di combattere la povertà coinvolgendo la parte povera della popolazione in un processo di trasformazione industriale e di sviluppo economico. Nel quadro storico mondiale, le forze produttive del paese hanno sperimentato un arretramento storico: l'industria ha ridotto del 17% il suo contributo alla produzione del PIL, tra il 1985 ed il 2008 (in calo dal 36 al 16%). Tra il 2004 e il 2010 la percentuale dei prodotti industriali esportati è scesa dal 19,4 al 15,8%: il rapporto manifatture/ esportazioni totali, che aveva raggiunto il 60% nel 1980, è ora pari al 40% (vedi intervista con Wilson Cano, dell’Unicamp, Folha de S. Paulo, 12/6). Il surplus commerciale di 24 miliardi di dollari nel settore dei prodotti industriali nel 2004 (inizio del governo del PT) è diventato, nel 1010, un deficit di 36 miliardi di dollari. Circa il 60% delle società brasiliane sono, d'altra parte, nelle mani degli stranieri. Le esportazioni totali nel 2008 rappresentavano solo il 12% del PIL, mentre la media internazionale è del 30%. Il super-reclamizzato " PAC Supership " (Programma di Accelerazione della Crescita) ha consumato enormi risorse pubbliche per aumentare di meno dello 0,5% del PIL (dal 2,05 al 2,53%) gli investimenti in infrastrutture, per non parlare delle " rinunce fiscali " per sostenere gli investimenti, pari a R$ 144.000.000.000 (cioè, un finanziamento statale di valore superiore alle spese per sanità e istruzione). Dopo otto anni, la " Borsa Famiglia " ha lasciato 16,2 milioni di persone in povertà assoluta (reddito mensile inferiore a 40 $, meno di un biglietto del bus al giorno) più del 50% della popolazione del nord-est, regione con il 28% della popolazione brasiliana, che produce però appena il 14% del Pil nonostante sia la regione che più " è cresciuta " negli ultimi anni. Il governo Dilma è stato costretto a lanciare un nuovo programma sociale (" Brasile senza povertà") destinato specificamente a questo settore. Per Marcial Portela, presidente della Banca Santander del Brasile: " in pochi anni il Brasile sarà meno povero degli Stati Uniti " -il che è probabile, più per l’arretramento nord americano che per l'avanzamento brasiliano. Il piano "Brasile senza povertà" ha un bilancio di R$ 1,2 miliardi. A titolo di paragone, la partecipazione (iniziale) del governo al progetto del " treno proiettile " (privato e destinato alle classi abbienti, tanto da prevedere fermate solo nei quattro aeroporti tra Campinas e Rio de Janeiro) è di R$ 3,9 miliardi, per non parlare dei R$ 23 miliardi che sarebbero prestati dal BNDS (Banco Nacional de Desenvolvimento Social) per gli audaci " imprenditori " brasiliani. Il confronto con il risanamento del debito pubblico (equivalente a R$ 2,5 trilioni, per un Pil di R$ 3,7 trilioni: nel 2011 il debito estero brasiliano ha toccato il livello di $357 miliardi, e un debito interno di R$ 2,24 trilioni) sarebbe ridicolo; il governo spende ogni giorno in questo grossa voragine dei grandi creditori, quasi il doppio del budget previsto annualmente per i più poveri. La " concentrazione della ricchezza " non è cambiata: quella del Brasile è, e rimane, una delle più arretrate del pianeta. Il miglioramento di alcuni indici di povertà è stato un sottoprodotto di una crescita speculativa, usato per manipolare elettoralmente i sondaggi di una larga parte delle masse sfruttate, e difficilmente potrà resistere all'impatto della crisi globale sull'economia del semicoloniale gigante dai piedi d'argilla. Negli otto anni del governo guidato da Lula, la maggior parte dei dirigenti sindacali e contadini è stata integrata nello stato. La smobilitazione dei lavoratori, con poche eccezioni (il movimento dei dipendenti pubblici contro la riforma delle pensioni nel 2003, e alcune mobilitazioni settoriali contadine) era la nota dominante in questi anni. Dal 2009, a partire dalla crisi e dalla cassa integrazione, c'è stata una ripresa delle lotte operaie, anche in settori strategici, per quanto lontana da un’offensiva di classe. Grandi settori di salariati, come metalmeccanici, bancari, lavoratori dell'industria petrolifera (questi per la prima volta in sciopero dopo quattordici anni, in 17 raffinerie dopo la sconfitta del 1995), edili, impiegati postali, hanno incrociato le braccia e sono scesi in strada a difendere i loro salari e sostenere le loro rivendicazioni. Con il governo Dilma, la crisi globale ha cominciato a colpire più direttamente i lavoratori: tagli per più di R$ 50 miliardi dal bilancio federale, che colpiscono soprattutto le aree sociali (quasi 9 miliardi nell'area delle infrastrutture, 3 miliardi in quella dell'istruzione, un miliardo dalla riforma agraria e quasi un miliardo da quella della sanità; sospensione dei bandi di concorso; cancellazione di quelli già fissati, congelamento dei salari dei dipendenti SPFS (Servizi Pubblici Federali -Progetto di Legge Complementare 549/09); applicazione della procedura di licenziamento (PLP 248/98) ed il PL (Progetto di Legge 1992/07) che mira a regolamentare il sistema di previdenza complementare per i dipendenti pubblici. Questo scenario ha contribuito allo sviluppo di importanti lotte sindacali e scioperi in vari settori, in particolare in quello dei lavoratori pubblici in tutto il paese. I movimenti di lotta hanno raggiunto il punto più alto, in questi sei mesi, nello sciopero dei 100.000 operai nel settore della costruzione delle opere civili del PAC (Programma di Accelerazione della Crescita), in particolare a Jirau (Rondonia). Ma gli scioperi si sono sviluppati in modo isolato, senza una centralizzazione. I SPFs (Servidores Públicos Federais) oggetto di un violento attacco salariale ( la percentuale di retribuzione netta nell' Unione è diminuita del 23% negli ultimi due anni ), hanno organizzato tre eventi nazionali. Gli insegnanti della scuola elementare, con salari molto bassi e contratti scaduti, hanno scioperato in 17 stati (in maniera massiccia e combattiva soprattutto a Rio de Janeiro e Santa Caterina); di questi scioperi solo quattro continuano. Altra lotta a carattere nazionale è quella dei funzionari delle università pubbliche federali, che ha coinvolto quarantasette istituti in tutto il paese. Altri movimenti si sono verificati in diversi stati: blocco della produzione nella raffineria Abreu e Lima, nel petrolchimico Suape, nei Cantiere del Sud Atlantico, Idroelettrica Jirau e San Antonio; azioni contro gli aumenti delle tariffe del trasporto pubblico, scioperi in diversi settori. La giornata nazionale di lotta del 28 aprile, però, ha avuto uno scarso impatto negli Stati [il Brasile è un'unione di Stati federali N.d.T.]. La manifestazione nazionale a Brasilia del 16 giugno, organizzata da CSP-Conlutas, (Central Sindical e Popular Conlutas) ha avuto migliaia di partecipanti ed un sufficiente impatto politico. La CUT e altre centrali sindacali (beneficiate, dall'ottobre del 2008, di un finanziamento supplementare di 250 milioni di R$ grazie all'estensione del beneficio sindacale ai funzionari pubblici, decretata dal governo Lula), hanno boicottato, disorganizzato o isolato le lotte, come quella della Volksvagen nel Paranà, o quella dei pompieri di Rio de Janeiro (che godono di un grande appoggio popolare) per migliori condizioni di lavoro e di salario-quelle attuali sono miserabili- che sono stati arrestati per insubordinazione. La repressione della Marcia della Libertà a San Paolo, ha avuto un'efficacia superiore a quella di un mandato giudiziario che la proibisse. La marcia si è svolta nonostante il divieto delle autorità con ferimenti e arresti dei manifestanti. Gli attivisti della manifestazione contro la visita del presidente Obama, sono stati trattati come criminali. I contadini assassinati (Parà), sono il complemento del brutale assalto del capitalismo nel settore, controllato dalle multinazionali capitaliste -Monsanto, Novartis, Pioneer e Agrevo - tanto nella produzione, quanto nella trasformazione e distribuzione, e che si esprime in una crescita tecnologica, meccanizzazione e concentrazione delle terre, sfruttamento dei lavoratori. Oggi, delle 500 maggiori imprese incluse nella classifica delle vendite, 144 dipendono dalle attività agropecuarie. La modifica del Codice Forestale, con l'amnistia per i taglialegna abusivi, secondo un accordo del governo con gli agrari, ha rafforzato gli interessi dell'agro-business. Il codice forestale ha approvato un ampliamento delle aree passibili di deforestazione, inclusi argini e colline, che rappresenta un grave regresso. La sequenza di assassini di leaders contadini, tra cui Claudio José Ribeiro da Silva e Maria do Espirito Santo da Silva, Adelino Ramos e Marco Gomes da Silva, denuncia lo sterminio dei dirigenti contadini come uno strumento per il raggiungimento degli interessi dell'agro-business, coperto dall'impunità governativa. 35 parlamentari del P.T. hanno votato contro il codice. Nel quadro dell'emergenza e della moltiplicazione delle lotte, si è costituito lo "Spazio di Unità di Azione ", che riunisce i settori che hanno mancato l’unificazione sindacale classista tentata nel Conclat (Congresso da Classe Trabalhadora) di Santos (giugno 2010), sostanzialmente la CSP-Conlutas (Central Sindical e Popular Conlutas) e la Intersindacale, così come diversi sindacati o federazioni nazionali (CNESF, CONDSEF, FENASPS, ANDES-FN, ANEL, SINASEFE) e i sindacati di Stato. Assieme all’MST e l’MTST, questo raggruppamento ha convocato una Giornata di Lotta (17-26 agosto) con una manifestazione nazionale il 24 agosto, a Brasilia. Il programma prevede una serie di rivendicazioni sindacali, nazionali e democratiche con varie specie di mobilitazione. Questo " spazio "potrebbe essere un passo verso l'indipendenza e l'unione politica dei lavoratori, la ricostruzione di un movimento operaio indipendente, se non si limiterà ad accordi di vertice ed a giornate nazionali di lotta senza una continuità, ossia se si baserà su assemblee plenarie statali e regionali di base, per elaborare un programma ed un piano di lotte nazionali del movimento operaio e contadino, dei giovani e della popolazione povera delle città. Il Brasile ha cominciato ad entrare nell’area "indignata".
Osvaldo Coggiola

(Traduzione dal portoghese di Paolo Vannucci e Ottaviano Lalli)

John Lennon

Ecco cosa pensava John Lennon degli U.S.A.
Chissà perché questa immagine ci era sfuggita!

sabato 3 settembre 2011

I QUATTRO PUNTI PROGRAMMATICI DEL P.C.L.

Il Movimento costitutivo del Partito Comunista dei Lavoratori intende recuperare e attualizzare il patrimonio programmatico del marxismo rivoluzionario riscattandolo dalla lunga rimozione teorica e pratica di cui è stato oggetto da parte della socialdemocrazia e dello stalinismo.
Questo recupero e attualizzazione si concentra su quattro assi di fondo che indichiamo come base politica di principio del nuovo movimento.

1 – RIVENDICHIAMO L’ INDIPENDENZA POLITICA DEL MOVIMENTO OPERAIO E DEI MOVIMENTI DI LOTTA DALLE FORZE DELLA BORGHESIA: dai suoi interessi, dai suoi partiti, dai suoi governi.
I marxisti rivoluzionari hanno sempre contrastato le politiche di collaborazione con le classi dominanti collocandosi all’ opposizione dei loro governi. Questo principio di indipendenza della classe lavoratrice dalla borghesia è, se possibile, ancor più attuale nell’odierna situazione storica. La crisi del capitalismo e il crollo dell’URSS hanno chiuso lo spazio storico del riformismo. Ogni coalizione di governo delle sinistre e dei “comunisti” con le forze della borghesia significa la loro corresponsabilizzazione alle politiche controriformatrici della classe dominante. Tutta l’ esperienza internazionale degli ultimi quindici anni lo riprova in forma inequivocabile: i governi di centrosinistra in Italia, il governo Jospin in Francia, il governo Lula in Brasile, hanno tutti amministrato e amministrano , in forme diverse, gli interessi della borghesia contro gli interessi dei lavoratori e delle grandi masse. Il nuovo governo Prodi-Padoa Schioppa, i suoi programmi annunciati in politica estera e politica sociale, si pongono sullo stesso terreno. Ed anzi riflettono una diretta investitura nel centrosinistra dei settori più significativi del grande padronato.
Intendiamo combattere questa politica nel nome di una linea alternativa. Siamo certo favorevoli all’ unità di classe dei lavoratori e dei movimenti di lotta delle classi subalterne, ma per una loro piena autonomia dalle forze avversarie e in funzione di un’alternativa vera. Solo l’ opposizione ai governi della borghesia può preparare le condizioni di un’ alternativa anticapitalistica. Solo l’ opposizione radicale ai governi della borghesia può strappare risultati concreti e conquiste parziali com’ è dimostrato dalla recente vittoria della rivolta sociale dei giovani e lavoratori francesi contro le misure di precarizzazione del lavoro.
Vogliamo dunque batterci per l’ unità di lotta di tutte le espressioni del movimento operaio e dei movimenti di massa attorno ad un autonomo polo di classe anticapitalistico.

2 – CI BATTIAMO PER LA CONQUISTA DEL POTERE POLITICO DA PARTE DEI LAVORATORI E DELLE LAVORATRICI, BASATO SULL’ AUTORGANIZZAZIONE DI MASSA, come leva della trasformazione socialista.
La prospettiva socialista è la ragione d’ essere del comunismo. I comunisti si battono contro un’ organizzazione capitalistica della società che concentra nelle mani di una piccola minoranza privilegiata tutte le leve decisive dell’ economia e il grosso della ricchezza sociale: un’ organizzazione capitalistica che si basa sullo sfruttamento del lavoro, sul saccheggio dell’ ambiente, sull’oppressione dei popoli; e che oggi conosce il prepotente ritorno delle politiche di potenza dell’ imperialismo e degli imperialismi per una nuova spartizione delle zone di influenza, per la conquista dei mercati, delle materie prime, della manodopera a basso costo. Solo il rovesciamento del capitalismo e dell’ imperialismo può liberare un futuro diverso per l’ umanità. Solo la proprietà sociale dei mezzi di produzione e delle leve della finanza può consentire la riorganizzazione radicale della società umana attorno al primato dei bisogni e delle esigenze collettive, e non del profitto di pochi.
La conquista del potere politico da parte delle classi lavoratrici è un passaggio decisivo di questa prospettiva di liberazione. Il potere dei lavoratori e delle lavoratrici non ha niente a che vedere né con la cosiddetta “democrazia partecipativa”, né con la dittatura burocratica di caste privilegiate. Esso si basa – come voleva Marx – sull’ autorganizzazione democratica dei lavoratori stessi, sulla revocabilità permanente degli eletti, sull’ assenza di ogni privilegio sociale degli eletti rispetto ai loro elettori come nei grandi esempi della Comune di Parigi e della rivoluzione russa delle origini. Contro l’ attuale dittatura degli industriali e dei banchieri – che si fa chiamare”democrazia” – si tratta di lottare per la democrazia autentica: il potere dei lavoratori e della maggioranza della società quale leva di riorganizzazione della società stessa.

3 – RIVENDICHIAMO IL LEGAME NECESSARIO TRA GLI OBIETTIVI IMMEDIATI E GLI SCOPI FINALI.
Come scriveva Marx, i comunisti difendono nel presente il futuro del movimento operaio e della prospettiva socialista. La coesione coerente tra rivendicazioni immediate e conquista del potere politico è un carattere decisivo della politica rivoluzionaria: contro ogni separazione tra minimalismo dell’ azione quotidiana e propaganda astratta del socialismo. Questa connessione – che fu alla base dei partiti comunisti delle origini – è tanto più attuale nel contesto odierno della crisi del capitalismo e del riformismo, laddove ogni seria lotta di massa per le esigenze immediate dei lavoratori tende a cozzare con le compatibilità sempre più strette del regime capitalistico, e viceversa ogni rinuncia alla prospettiva anticapitalista conduce in un vicolo cieco le stesse lotte immediate.
La necessità di ricondurre gli obiettivi immediati ad una prospettiva anticapitalista non riguarda solamente le rivendicazioni sociali della classe lavoratrice ma tutte le domande di emancipazione e liberazione: le domande di tutela della natura e dell’ ambiente, le rivendicazioni “pacifiste”, le domande di liberazione della donna, le stesse rivendicazioni anticlericali e per i diritti civili. Ognuna di queste domande cozza, direttamente o indirettamente con un’organizzazione capitalistica della società che fa del profitto l’unica sua religione e che si basa sulla violenza quotidiana dell’oppressione, della segregazione, dell’ ipocrisia, verso la maggioranza dell’ umanità. Ognuna di queste domande esige una risposta anticapitalistica.
Per questi il Movimento del Partito Comunista dei Lavoratori si impegna nella classe operaia e in ogni movimento di lotta dei settori oppressi della società per sviluppare la coscienza delle masse in senso anticapitalistico, per ricondurre ogni loro obiettivo alla necessità di un’ alternativa di sistema.

4 – RIVENDICHIAMO LA NECESSITA’ DI UN’ ORGANIZZAZIONE RIVOLUZIONARIA DEI COMUNISTI.
Il movimento comunista nacque come movimento internazionale. Perché la prospettiva socialista è realizzabile compiutamente solo su scala internazionale, solo rovesciando la realtà internazionale del capitalismo e dell’ imperialismo.
Tanto più oggi il recupero di un’ organizzazione rivoluzionaria dell’avanguardia di classe internazionale è condizione indispensabile di un’ autentico rilancio di una prospettiva comunista. Tanto più oggi dopo il crollo dell’ UIRSS il quadro capitalistico è profondamente integrato sul piano mondiale. La realtà della cosiddetta “globalizzazione” capitalistica acuisce la concorrenza e le divisioni nella classe lavoratrice internazionale, tra diversi paesi e continenti. Ogni seria lotta di classe sul piano nazionale, persino al livello di singole categorie o grandi aziende, pone l’ esigenza di un raccordo internazionale con i lavoratori e le lotte degli altri paesi. Così ogni movimento di liberazione nazionale dei popoli oppressi contro l’ imperialismo – a partire dal popolo palestinese e dal popolo arabo in generale – indica l’ obiettiva necessità di una convergenza di lotta con la classe operaia dei paesi imperialisti: così come quest’ultima può e deve porsi nel proprio stesso interesse, l’ esigenza di un pieno e incondizionato sostegno ai movimenti di liberazione dei popoli oppressi, al loro diritto di autodeterminazione, alla loro azione di resistenza.
I comunisti, tanto più oggi, devono sviluppare in ogni lotta nazionale la consapevolezza della necessità di una prospettiva internazionale di liberazione. E al tempo stesso devono lavorare ad unire, su scala mondiale, tutte le rivendicazioni e domande delle classi oppresse per ricondurle ad una prospettiva socialista. Ciò implica il raggruppamento organizzato su scala internazionale dei comunisti rivoluzionari e dei settori più avanzati dell’ avanguardia di classe, al di là delle diverse provenienze e collocazioni attuali, sulle basi programmatiche e sui principi del marxismo.
Il Movimento Costitutivo per il Partito Comunista dei Lavoratori si impegna in questa direzione con tutte le proprie forze.