Grillo come Tognazzi
Intervistato dai
turchi, Beppe Grillo nostro ha spiegato che il M5S, dunque la sua proposta
politica e culturale ispirata alla decrescita felice, è un “format”. Il diretto
interessato lo ha pronunciato con naturalezza assoluta, degna di colui che non ritenga
di dovere temere i tranelli, le botole colme di spuntoni vietcong acuminati,
del linguaggio, come dire che, per lui, diversamente dai linguisti di
professione, la parola cane non morde. In verità, Grillo, raccontando la
propria soddisfacente avventura alla giornalista turca con abito ben intonato
all’abitazione dell’intervistato, ha detto di più, ha pronunciato un affermazione
che custodisce qualcosa di notevolmente giustificante: Grillo ha affermato l’esistenza
di un “format esportabile”. E anche il tono era soddisfatto, segno che il
lavoro di diffusione capillare planetaria della sua intuizione sta già marciando
bene.
Dunque, non più il
grillismo in un solo paese posizione questa debolmente stalinista, bensì il
grillismo sull’intero globo terrestre, ponendosi così, sempre lui, Grillo, nel
territorio ideale del trotskismo. Insomma, l’Italia non sembre bastargli. E non
c’è qui bisogno di citare le parole pronunciate dall’ispiratore a proposito del
timore dell’assedio quando qualcuno tenta di far qualcosa di buono per l’umanità
tutto da solo. “Grillismo senza limitismo” direbbe in questi casi Roberto D’Agostino
sul suo Dagospia.
BENE, COME in un gioco
da tavolo, proviamo adesso a riassumere tutti gli elementi presenti in campo
emersi ieri nel corso dell’intervista opportunamente riproposta da Michele
Santoro a Servizio Pubblico su La 7:
c’è Grillo, che è poi, la pedina più grossa, c’è il mondo con le sue caselle o
le sue “macerie” (sic), c’è il tailleur giallo-pagine gialle della giornalista
turca Selin Sanlin, c’è lo sfondo dell’appartamento dell’intervistato che d’istinto
suggerisce, per gusto d’arredo, un’improvvisa irruzione di Sabrina Ferilli e
del suo “…artigiani della qualità”, se non addirittura di un Mastrota pronto a
spacciare materassi – d’altronde anche le suggestioni scenografiche contano
quando “non è tempo di mediazioni, ma di rivoluzioni” (sic), e ancora, andando
avanti nell’ascolto, c’è la pietra filosofale del “liquidfeedback” (sic), sorta
dell’invenzione della ruota che consentirà una nuova umanità “più povera, ma
sicuramente più felice”. Al momento dei saluti, mi torna in mente il concetto
principale fin qui pronunciato, quel “format esportabile”, e non posso fare a
meno di ripensare Ugo Tognazzi nell’ultima scena di Vogliamo i colonnelli, il suo colpo di Stato è fallito, non gli
resta che spacciare per buono il suo “golpe garantito”, lo ritroviamo così in
cerca di acquirenti, un possibile cliente è appena arrivato dall’Africa nera.
Dice Ugo: “Perché il golpe riesca basta prendere l’edificio della televisione”.
Replica l’altro: “Non ce l’abbiamo, la televisione”. E Tognazzi: “Ma almeno
telefoni ce ne sono? Alla risposta affermativa, l’affare è fatto, il piano del
golpe è venduto. Se non mi credi, vai a rivedere il film su YouTube, così poi
ridiamo insieme.
Commento:
Care compagne e compagni, con la rivoluzione non si
scherza, cerchiamo di impegnarci sempre più e meglio per esportare la
rivoluzione vera in ogni parte del mondo per la giustizia, la pace ed il
progresso dell’umanità.
Viva la 4 Internazionale, viva Marx, viva
Engels, viva Lenin, viva Trotsky
Compagno Al
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