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domenica 24 marzo 2013

Grillo come Tognazzi



Grillo come Tognazzi


Intervistato dai turchi, Beppe Grillo nostro ha spiegato che il M5S, dunque la sua proposta politica e culturale ispirata alla decrescita felice, è un “format”. Il diretto interessato lo ha pronunciato con naturalezza assoluta, degna di colui che non ritenga di dovere temere i tranelli, le botole colme di spuntoni vietcong acuminati, del linguaggio, come dire che, per lui, diversamente dai linguisti di professione, la parola cane non morde. In verità, Grillo, raccontando la propria soddisfacente avventura alla giornalista turca con abito ben intonato all’abitazione dell’intervistato, ha detto di più, ha pronunciato un affermazione che custodisce qualcosa di notevolmente giustificante: Grillo ha affermato l’esistenza di un “format esportabile”. E anche il tono era soddisfatto, segno che il lavoro di diffusione capillare planetaria della sua intuizione sta già marciando bene.

Dunque, non più il grillismo in un solo paese posizione questa debolmente stalinista, bensì il grillismo sull’intero globo terrestre, ponendosi così, sempre lui, Grillo, nel territorio ideale del trotskismo. Insomma, l’Italia non sembre bastargli. E non c’è qui bisogno di citare le parole pronunciate dall’ispiratore a proposito del timore dell’assedio quando qualcuno tenta di far qualcosa di buono per l’umanità tutto da solo. “Grillismo senza limitismo” direbbe in questi casi Roberto D’Agostino sul suo Dagospia.


BENE, COME in un gioco da tavolo, proviamo adesso a riassumere tutti gli elementi presenti in campo emersi ieri nel corso dell’intervista opportunamente riproposta da Michele Santoro a Servizio Pubblico su La 7: c’è Grillo, che è poi, la pedina più grossa, c’è il mondo con le sue caselle o le sue “macerie” (sic), c’è il tailleur giallo-pagine gialle della giornalista turca Selin Sanlin, c’è lo sfondo dell’appartamento dell’intervistato che d’istinto suggerisce, per gusto d’arredo, un’improvvisa irruzione di Sabrina Ferilli e del suo “…artigiani della qualità”, se non addirittura di un Mastrota pronto a spacciare materassi – d’altronde anche le suggestioni scenografiche contano quando “non è tempo di mediazioni, ma di rivoluzioni” (sic), e ancora, andando avanti nell’ascolto, c’è la pietra filosofale del “liquidfeedback” (sic), sorta dell’invenzione della ruota che consentirà una nuova umanità “più povera, ma sicuramente più felice”. Al momento dei saluti, mi torna in mente il concetto principale fin qui pronunciato, quel “format esportabile”, e non posso fare a meno di ripensare Ugo Tognazzi nell’ultima scena di Vogliamo i colonnelli, il suo colpo di Stato è fallito, non gli resta che spacciare per buono il suo “golpe garantito”, lo ritroviamo così in cerca di acquirenti, un possibile cliente è appena arrivato dall’Africa nera. Dice Ugo: “Perché il golpe riesca basta prendere l’edificio della televisione”. Replica l’altro: “Non ce l’abbiamo, la televisione”. E Tognazzi: “Ma almeno telefoni ce ne sono? Alla risposta affermativa, l’affare è fatto, il piano del golpe è venduto. Se non mi credi, vai a rivedere il film su YouTube, così poi ridiamo insieme.


Commento:


Care compagne e compagni, con la rivoluzione non si scherza, cerchiamo di impegnarci sempre più e meglio per esportare la rivoluzione vera in ogni parte del mondo per la giustizia, la pace ed il progresso dell’umanità.

Viva la 4 Internazionale, viva Marx, viva Engels, viva Lenin, viva Trotsky
Compagno Al
 

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