Blog della sezione di Massa Carrara del Partito Comunista dei Lavoratori

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domenica 13 marzo 2016

Solidarietà e sostegno alle delegate e ai delegati FIOM degli stabilimenti FCA al Sud contro un atto burocratico grave



10 Marzo 2016

Comunicato congiunto di Sinistra Anticapitalista e Partito Comunista dei Lavoratori


marchionlandini
              
Sono ben note a tutti le condizioni di sfruttamento esistenti nelle fabbriche della FCA che Marchionne ha imposto alle lavoratrici e ai lavoratori: ritmi massacranti e turni di lavoro insopportabili, ricatti, autoritarismo e repressione da parte delle direzioni aziendali.
Così come sono conosciuti i tentativi del capo della FIAT di mettere fuori gioco e dalla fabbrica la FIOM: il sindacato che - pur evitando erroneamente la necessaria unificazione di lotta degli stabilimenti - a lungo ha cercato di opporsi a questa offensiva padronale per difendere sacrosanti diritti e condizioni di lavoro decenti.
In questo contesto la stessa FIOM aveva indetto negli stabilimenti della FIAT al Sud degli scioperi per contrastare queste durissime condizioni di lavoro a partire dalla lotta contro gli straordinari al sabato comandati in alternativa alle necessarie assunzioni che l’azienda si rifiuta di fare.
La direzione FIOM ha però rinunciato rapidamente a questo percorso di resistenza anche di fronte a scelte che hanno sempre più privilegiato una ricomposizione unitaria con la FIM e la UILM, da sempre subalterne ai desiderata e alle richieste delle aziende.
Non poteva essere questa la scelta dei lavoratori e dei delegati della FIOM che subiscono gli effetti della politica Marchionne direttamente sulla loro pelle e che, in piena continuità con la storia stessa della FIOM e del sindacalismo di classe e in un rapporto di fiducia, di rappresentanza diretta dei lavoratori e di legittima autonomia sui luoghi di lavoro, hanno continuato a indire gli scioperi il sabato contro lo straordinario come RSA eletti (negli stabilimenti FIAT non è possibile il voto per le RSU), contrastando con successo l’azione della direzione FIAT. Ma questo fatto è considerato intollerabile dai capi della FCA.
I delegati della FIOM hanno anche partecipato a una forma di coordinamento tra delegati e lavoratori dei diversi stabilimenti, appartenenti a diversi sindacati, sulla base del principio fondamentale, necessario ed inalienabile dell’unità dei lavoratori e delle lavoratrici contro il padronato. Una scelta peraltro pratica comune della FIOM e dei suoi delegati in diversi luoghi di lavoro.
Di fronte a questa capacità di iniziativa democratica e dal basso dei delegati e dei lavoratori i gruppi dirigenti della CGIL e della FIOM non hanno trovato di meglio che cercare di bloccare il percorso di lotta sanzionando i delegati interessati, con il pretesto di questo coordinamento intersindacale, come presunto atto di rottura con la Confederazione. Dapprima il Collegio Statutario della CGIL, senza sentire i lavoratori interessati, ha giudicato incompatibile la loro scelta con l’appartenenza alla Confederazione. Subito dopo il Comitato Centrale della FIOM, su indicazione e responsabilità del segretario Landini, con un atto che non ha precedenti, ha deliberato che questa sentenza non consentirebbe la presenza di queste compagne e compagni negli organismi di direzione della Federazione, e soprattutto che non possono più avere la possibilità di rappresentarla nei loro luoghi di lavoro. Si tratta di fatto di una minaccia di espulsione. A questi iscritti sono imposti solo i doveri e negati tutti i diritti, a partire da quello fondamentale per un militante sindacale, di organizzare la lotta dei lavoratori sulla base delle concrete condizioni presenti sul proprio luogo di lavoro.
È un atto burocratico grave. È una decisione che, inimmaginabile fino a poco tempo fa, non fa certo onore alla FIOM e alla sua storia e che suona come campanello di allarme di un percorso profondamente errato verso una normalizzazione burocratica d’apparato già ben presente nella FIM e nella UILM.
Ad essere colpito è proprio quello che in fondo più di tutti la FIAT teme: la capacità e la possibilità di costruire la lotta nelle fabbriche coinvolgendo i lavoratori dal basso. E questo è tanto più grave perché è in corso un attacco senza precedenti al movimento dei lavoratori. L’azione congiunta tra governi e padroni, dopo aver distrutto i diritti e le tutele garantite dallo Statuto dei lavoratori, punta oggi direttamente a colpire lo stesso diritto di sciopero.
Ai lavoratori e ai delegati della FIOM colpiti da un’assurda e ingiusta sanzione va tutto il nostro sostegno e la nostra solidarietà. Ci impegniamo a intraprendere tutte le iniziative necessarie per difendere i loro diritti.
Chiediamo alla direzione della FIOM, e al suo segretario Maurizio Landini, di ritornare sui suoi passi e non procedere oltre in una strada profondamente sbagliata.
Chiediamo a tutte e tutti i lavoratori e ai militanti sindacali di partecipare e di sostenere una vasta campagna di solidarietà con i delegati FIOM delle FCA.
Chiediamo a tutte le forze politiche e sociali che oggi giustamente denunciano le derive antidemocratiche nel nostro paese, di partecipare anch’esse a questa campagna di solidarietà perché in discussione è la stessa capacità del movimento sindacale e dei lavoratori di ritrovare gli strumenti organizzativi e politici per reggere l’offensiva reazionaria che le forze della classe dominate hanno scatenato contro il movimento delle lavoratrici e dei lavoratori.

Sinistra Anticapitalista
Partito Comunista dei Lavoratori

lunedì 7 marzo 2016



Quale futuro per i comunisti?


Lettera aperta ai compagni e alle compagne del PRC


22 Gennaio 2016

Torniamo a scrivere ai compagni e alle compagne del PRC: quale bilancio si può trarre dalla vicenda dei negoziati per "Sinistra Italiana"? Quale destino attende Rifondazione?
Siamo convinti che l'unica prospettiva seria per chi si definisca comunista è quella della convergenza su un medesimo programma, quello del marxismo rivoluzionario, quello del Partito Comunista d'Italia di cui si è appena festeggiato il compleanno. Per la costruzione di un partito rivoluzionario coerente con tale programma, con la prospettiva internazionale dell'abbattimento del capitalismo, del governo dei lavoratori.

PRC


Cari compagni e compagne del PRC,

il tavolo negoziale tra Sinistra Italiana e il vostro partito per la costituente del “nuovo soggetto unitario” della sinistra è al momento saltato. Su cosa è avvenuta la “rottura”, e quali sono le prospettive dei comunisti?
La battuta d'arresto non è avvenuta su un terreno politico, programmatico, o di principio. È avvenuta perché Sinistra Italiana pretende che il “nuovo soggetto politico unitario” della sinistra preveda lo scioglimento organizzativo del PRC. Paolo Ferrero ha dunque difeso l'”autonomia dei comunisti” dai riformisti? Niente affatto, tanto è vero che continua a rivendicare un soggetto politico unitario comune con Vendola e Fassina, nonostante il loro pubblico inseguimento di una prospettiva di centrosinistra. Ferrero ha chiesto semplicemente che lo scioglimento politico del PRC nel nuovo soggetto possa disporre della foglia di fico di una formale continuità del tesseramento organizzativo al partito. Sinistra Italiana non ha concesso la foglia di fico. Su questo il tavolo è saltato.


SCIOGLIMENTO POLITICO E TESSERAMENTO ORGANIZZATIVO?

Che così stiano le cose lo rivela lo stesso Paolo Ferrero in una intervista rilasciata al Manifesto (15 dicembre). Un'intervista davvero rivelatrice della logica politica dell'accaduto. La liquidazione politica del PRC tra le braccia del “nuovo soggetto” è pienamente riproposta dal suo segretario. Infatti, dichiara Ferrero: “Il (nuovo) soggetto avrebbe piena titolarità sulla costruzione del programma e dell'iniziativa politica. E monopolio della rappresentanza. Il PRC non si presenterà più al voto” (testuale). Ma un partito che perde la titolarità del “programma”, dell'”iniziativa politica”, della “rappresentanza”, è un partito che politicamente si scioglie. È un partito che annulla la propria presenza e funzione politica riconoscibile come soggetto distinto agli occhi dei lavoratori, a vantaggio di un'“altra forza politica” nella quale confluisce. A cosa si riduce infatti, nella logica proposta, la funzione residuale del PRC? Sempre Ferrero risponde: “Penso all'analisi del capitale e della composizione sociale, all'individuazione delle contraddizioni, alla formazione e controinformazione, al conflitto sociale... alla formazione di militanti in grado di connettere conflitti e linguaggi...”. Ma l'analisi del capitale e la formazione hanno certo un ruolo importante in un partito comunista in funzione della sua battaglia politica, del suo programma generale, della rappresentanza pubblica riconoscibile delle sue posizioni. Se invece “iniziativa politica”, “costruzione del programma”, “rappresentanza”, vengono dismessi, l'”analisi del capitale” e la “formazione” si riducono a funzioni sussidiarie da centro studi o da fondazione culturale. Ecco: il segretario del PRC rivendica per il proprio partito una funzione pratica da “associazione culturale” all'interno di una nuova forza politica cui vengono delegati iniziativa, programma, rappresentanza. Una forza popolata da soggetti (SEL ed ex PD) che non fanno mistero di aver come propria prospettiva politica, programmatica, di rappresentanza, l'accesso al governo del capitalismo.
Cosa significa allora chiedere, in questo quadro, di mantenere le tessere di partito del PRC? Significa chiedere di poter mantenere una finzione. Una finzione utile forse per dare un senso di appartenenza a compagni/e disorientati/e e giustamente diffidenti verso l'abbraccio con SEL ed ex PD. Utile soprattutto per continuare a mantenere formalmente la “titolarità” di segretario del “partito”. Ma in realtà una finzione di copertura organizzativa della liquidazione politica del PRC. Il fatto che SEL ed ex PD, al momento, non vogliano lasciare a Ferrero neppure la foglia di fico di questa copertura organizzativa non cambia di una virgola la natura politica dichiarata dell'operazione. Tanto più che la segreteria nazionale del PRC la ripropone tale e quale come se nulla fosse accaduto. Magari appoggiandosi al gioco contrattuale di Civati per allargare il proprio spazio di manovra.


QUALE DESTINO PER IL PRC

E ora? Ora che al tavolo negoziale del “nuovo soggetto unitario” si è determinata una rottura, quale è e sarà il destino del PRC? Difficile dire.
Può essere che, superato lo scoglio delle elezioni amministrative, la confluenza del PRC nel nuovo soggetto si compia. O perché SEL ed ex PD accettano la soluzione proposta da Ferrero pur di incassare l'offerta dello scioglimento politico del PRC, o perché Ferrero accetta di rinunciare al doppio tesseramento e dunque al proprio ruolo di segretario del PRC.
Ma è anche possibile che Ferrero non voglia rinunciare a quel ruolo, e dunque a un tesseramento formale che gli permetta di esercitarlo, e che SEL ed ex PD vogliano a quel punto gestire in proprio l'operazione “unitaria” tagliando fuori il PRC.
Ma se il destino di un “partito comunista” si riduce a variabile dipendente di queste logiche imprevedibili vuol dire che le sue ragioni fondanti sono già state liquidate. Questo è il punto decisivo.
L'assunzione della prospettiva del nuovo soggetto politico con Vendola e Fassina, indipendentemente dai suoi esiti, è già rivelatrice di per sé della rinuncia a una ragione politica indipendente. Questa rinuncia a sua volta è il portato di un lungo processo. Un processo segnato prima dalla compromissione nel governo Prodi, col voto alla detassazione dei profitti, alla precarizzazione del lavoro, alle missioni di guerra. Poi dalla progressiva cancellazione della centralità di classe a favore di liste civiche progressiste, alla coda di Di Pietro, di Ingroia, di Spinelli. Infine dalla identificazione nella politica di Tsipras, persino nel tragico momento della sua capitolazione alla Troika e alle sue ricette lacrime e sangue contro i lavoratori e la popolazione povera della Grecia. Queste scelte, una dopo l'altra, hanno non solo disperso progressivamente quel patrimonio grande di energie e aspettative che Rifondazione Comunista aveva raccolto in anni lontani, ma hanno rivelato che non esiste più alcuna ragione politica indipendente per preservare il PRC quale soggetto distinto. Se il riferimento è Tsipras, dunque il governo del capitalismo, quale confine insuperabile separa il PRC da SEL, dagli ex PD, da Civati, dagli eterni campioni di un riformismo senza riforme che infatti salutano in Syriza la propria terra promessa?
Una eventuale esclusione del PRC dal nuovo soggetto non per questo gli darebbe una ragione politica e programmatica autonoma. E dunque una ragione di autonoma esistenza, politica ed organizzativa.


COSTRUIRE INSIEME UN VERO PARTITO COMUNISTA

Per questo ci rivolgiamo a voi nuovamente, sulla base di un programma classista e comunista. L'unico che nell'epoca storica della crisi congiunta del capitalismo e del riformismo può fondare le ragioni di un partito comunista, dargli radici e futuro.
Ci ritroviamo insieme in tante lotte, movimenti, esperienze. Non ci siamo mai sottratti ad un confronto unitario. Non abbiamo mai frapposto all'esigenza del fronte unico di lotta contro i padroni, i loro partiti, i loro governi, alcuna pregiudiziale ideologica e di sigla. Ed anzi più volte proprio noi abbiamo contrastato, sul terreno della lotta, riflessi settari, logiche di esclusione, piccole ambizioni di primogenitura, che tanto hanno danneggiato il rilancio dell'unità di classe, sul piano sindacale come sul piano politico. Così, ad esempio, siamo stati noi in tempi recenti a proporre all'intera sinistra italiana una manifestazione politica unitaria contro il governo Renzi e il suo progetto bonapartista reazionario, contrastando mimetismi e logiche di divisione. È una cultura unitaria che ci viene dal fatto di non avere altro interesse da difendere che l'interesse generale dei lavoratori, l'avanzamento del movimento reale della classe, una prospettiva di rivoluzione.
Ma per la stessa ragione sappiamo che non è sufficiente una pura logica di movimento, o di inseguimento di scadenze immediate, tanto più a fronte della disgregazione in atto del corpo sociale della classe, del peso delle sconfitte subite, dell'arretramento profondo della coscienza politica. È necessario ricostruire, in ogni lotta, tanto più oggi, senso e ragioni di un progetto generale, nazionale e internazionale. Questa è la ragione di un Partito Comunista. Questo è il senso del Partito Comunista dei Lavoratori e della sua costruzione.
Siamo, è vero, un piccolo partito , per quanto il più esteso a sinistra del PRC. Ma ci permettiamo di osservare che oggi è piccolo anche il PRC, dopo la dispersione politica di tante energie e motivazioni. Il problema tra noi non è misurare i rapporti di forza tra i rispettivi partiti, ma costruire insieme il partito comunista sulle uniche basi su cui è possibile farlo: quelle di un programma marxista rivoluzionario. Quelle di un partito che non abbia l'ambizione di governare il capitalismo ma di rovesciarlo. Quelle di un partito che non riproponga le vecchie illusioni riformiste ma le combatta. Quelle di un partito realmente autonomo e alternativo all'attuale ordine esistente, capace di introdurre in ogni lotta la prospettiva del governo dei lavoratori, quale unica vera alternativa.
Su questo programma pensiamo occorra unire i comunisti, ovunque collocati, nel medesimo partito. Su questa prospettiva vi chiediamo ovunque un confronto aperto e libero, senza steccati.
Partito Comunista dei Lavoratori