Blog della sezione di Massa Carrara del Partito Comunista dei Lavoratori

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martedì 23 aprile 2013

L' AMERICA HA BISOGNO DI UNA NUOVA GUERRA, O IL CAPITALISMO MORIRÀ



 Brutte notizie dal cuore dell' Impero

"L' America ha bisogno di una nuova guerra, o il capitalismo morirà"

La solita propaganda di vecchi bolscevichi trinariciuti e mangiabambini, potrebbe pensare qualcuno, invece no: questo è il titolo di un articolo di Paul B. Farrell, giornalista di MarketWatch, inserto del prestigioso Wall Street Journal (Il Sole 24ore americano, per intenderci).
Dedico la lettura dell' articolo, particolarmente a quelli che... "L'America è la più grande democrazia del mondo..." ed anche a quelli che pensano che i problemi del mondo si risolvono col dialogo e "mettendo dei fiori nei loro cannoni..."
L' articolo originale in lingua inglese e foto di copertina, si trova nella mia pagina facebook (Paolo Vannucci).


San Luis Obispo, California (MarketWatch) - L'America ha bisogno di una nuova guerra perche' l'economia possa sopravvivere? Per rilanciare il mercato del lavoro e far prosperare il capitalismo? Forse. Ecco perché
 Il Meglio di MarketWatch

Ecco un' altra storia che non ci si può permettere di perdere: oggi
Forbes ha riferito che dalla lettura iniziale dei dati, il PIL "è sceso per la prima volta in tre anni e mezzo nel quarto trimestre dello 0,1%, mentre gli economisti avevano previsto un aumento dell' 1%.  Un drammatico calo del 15% della spesa pubblica trascinato sull'attività economica. Le spese per la difesa sono state quelle maggiormente tagliate, scendendo del 22,2% (la più grande riduzione  dalla fine della guerra del Vietnam).
Le guerre stimolano l'economia, e noi siamo una nazione guerriera: la seconda guerra mondiale non ci ha tirato fuori dalla Grande Depressione? E le guerre in Iraq / Afghanistan, le più lungo della storia, certamente hanno stimolato l'economia: la macchina da guerra del Pentagono è raddoppiata, passando da 260.000 milioni di dollari nel 2000 a circa 550 miliardi dollari l'anno scorso ... Il PIL è aumentato del 50%, da $ 10 miliardi a 15.000 miliardi dollari, mentre il debito federale è triplicato a oltre 15.000 miliardi dollari, dai  5.000 iniziali, quando i nostri leader hanno sostenuto che "il debito non aveva importanza."
Ma più di tutto, le guerre sono importanti  per i capitalisti: la lista Forbes dei miliardari mondiali è salita alle stelle, da 322 nel 2000 a 1.426 di recente. Sì, il reddito familiare certificato del resto degli americani si è appiattito su quello della passata generazione.
Ma ancora, bella vita per il capitalismo e per i 1426 capitalisti in tutta America e in tutto il mondo, un omaggio alle dottrine del "capitalismo del disastro" dell' economista Nobel Milton Friedman e del dogma del libero mercato del capitalismo di Ayn Rand.
I politici americani vorrebbero tagliare il debito ma non la macchina da guerra.
Tuttavia, con le guerre in Afghanistan e in Iraq agli sgoccioli, il capitalismo ha bisogno di uno stimolo economico: una nuova guerra. E così i neocons americani credono che una nuova guerra potrebbe incrementare il PIL. Probabilmente stanno pregando che il leader della Corea del Nord Lil 'Kim faccia qualcosa di impulsivo, che ci offra un pretesto.
Eppure i politici di Washington sono in conflitto. Alcuni vorrebbero ridurre le spese governative, tagliare il debito, e contemporaneamente denunciano il "drammatico calo del 15% della spesa pubblica." D'altra parte, la "più grande riduzione delle spese militari dalla fine della guerra del Vietnam nel 1972" terrorizza neocons, falchi e politici, fortemente dipendenti dagli appaltatori della difesa, lobbisti ed elettori presso le basi militari nei loro distretti.
Così quale sarà il prossimo passo? Se il capitalismo americano ha bisogno di una nuova guerra per sopravvivere ... se stiamo abbandonando i teatri di guerra afghano Iracheno ... se la Corea del Nord fa solo minacce di guerra ... se la Cina ha troppo da perdere ... se le nuove guerre sono combattute solo da droni sugli schermi video in una delle 70 basi di droni del Pentagono ... ma se tutti i capitalisti del complesso militare-industriale che si arricchiscono anche al di fuori delle guerre hanno ancora il prurito di attaccare ... poi chi attiverà una nuova guerra per l'America dei "capitalisti del disastro?"
10 PUNTI FLASH IMPREVEDIBILI, DOVE NUOVE GUERRE GLOBALI POSSONO DIVAMPARE
Anche se i "cigni neri" sono per definizione imprevedibili, ci sono 11 punti "caldi" dove la tensione globale ed i conflitti possono dilagare. E d'un tratto, la pressione può facilmente superare la linea, colpire un punto di infiammabilità,  accenderlo a causa di uno dei molteplici eventi imprevedibili che improvvisamente esplodono, e diffondersi come un virus a tutti gli altri 10.
Poi i falchi capitalisti possono trarre vantaggio da esso, come hanno fatto, collegando l'11/9 con il lancio della guerra in Iraq. Quindi sì, nel rapporto del Worldwatch Institute vediamo almeno 11 possibili  punti caldi (cigni neri)che potrebbero esplodere e accendere nuove guerre:
Ecco l'elenco  del Worldwatch: "Tiro alla fune planetario tra capacità di produzione e aumento della domanda: possiamo continuare così?"
 No: "la contrazione di risorse" del pianeta non può soddisfare l' esplosiva "crescente domanda di cibo ed energia della popolazione mondiale."
Perché? E' impossibile, non possiamo continuare così.
 Robert Engelman avverte: "Le tendenze all' aumento non dureranno per sempre, non possono. Il mondo crollerà sotto epidemie, carestie, guerre".
Quando? Dieci anni fa il Pentagono di Bush prevedeva che "entro il 2020, senza dubbio qualcosa di drastico accadrà".  Fortune ha scritto: "Nel mentre si riduce la capacità di sopportazione del pianeta, emergerà un antico modello di disperazione, guerre a tutto campo per il cibo, l'acqua, e le forniture di energia ...  guerra sarà la definizione della vita umana.
"LA FINE PRIMA DEL 2020".
Le prossime guerre capitaliste mi ricordano i combattimenti raffigurati nel violento film "Hunger Games", una metafora perfetta. Oltre un miliardo di sette miliardi di persone nel mondo, vivono con due dollari al giorno ... : l' accelerazione dei prezzi alimentari e delle materie prime, spingono più uomini e  nazioni emergenti oltre il bordo ... con crescenti carenze di cibo, vera fame, vera e propria malnutrizione, povertà reale ... gli standard di vita delle nazioni sviluppate richiedono una quota sempre maggiore di risorse sempre più scarse .
VEDIAMO GLI 11  "CIGNI NERI" DEL WORD WATCH INSTITUTE CHE POSSONO FACILMENTE INFIAMMARE RIBELLIONI, RIVOLUZIONI E GUERRE SU VASTA SCALA NEL PROSSIMO FUTURO:
1. Esplosione demografica -il pianeta non può sfamare 3 miliardi di persone in più.
Durante la Grande Depressione il mondo aveva 3 miliardi di persone. Dodici anni fa aveva raddoppiato a 6 miliardi, ora è 7 miliardi, con la previsione delle Nazioni Unite  di 10 miliardi entro il 2050. Il Worldwatch dice "anche se i tassi di fertilità sono in calo in tutto il mondo, molti paesi con alti tassi di natalità dovranno ospitare una forza lavoro in rapida espansione nei prossimi decenni. In Uganda, dove le donne danno alla luce sei figli in media, questo significa che ci dovranno essere più di 1,5 milioni di nuovi posti di lavoro entro la fine degli anni 2030. "
2. Allevamento industriale - prodotti chimici, carenza d'acqua, rischi per la salute, malattie.
L' agricoltura industriale "ha contribuito a una triplicazione della produzione globale di carne negli ultimi quattro decenni." I bovari texani possono essere sempre più ricchi, ma ciò è "associato ad un uso pesante di input chimici, per contrastare la diffusione di malattie; all' uso eccessivo di antibiotici (e la conseguente resistenza dei batteri), ad un' enorme consumo di acqua, ed al declino della salute umana ".
3. La produzione di cibo - alle stelle la domanda, prezzi speculativi.
I dati dello scorso anno ci dicono che "la produzione di grano si sta riprendendo dalla crisi." Tuttavia, una ripresa a lungo termine "è seriamente ostacolata dai cambiamenti climatici e dalla crescente domanda di etanolo combustibile, producendo effetti a catena in tutta l'economia, attraverso un aumento dei prezzi del grano."
4. Foresta pluviale, le terre del legno  perse per l'urbanizzazione e l'agricoltura.
Poiché la domanda di cibo e il prezzo dei terreni agricoli sono in continua crescita, le foreste del mondo continuano a scomparire, spazzando via le specie e gli habitat, spostando culture native, interrompendo modelli climatici e  contaminando l'ambiente. Ad esempio, alcuni anni fa la Bloomberg Markets ha specificamente denunciato Cargill e Alcoa per la "distruzione della più grande foresta pluviale del mondo ... derubando la terra del suo migliore scudo contro il riscaldamento globale."
5. Prodotti a base di carne - Emissioni di gas metano, enorme impatto su clima e ozono.
Worldwatch riporta che "il bestiame è responsabile del 40% delle emissioni di metano del mondo e del 65% delle emissioni di protossido di azoto, tossici "che emettono gas a effetto serra da 25 a 100 volte più potenti del biossido di carbonio."
6. Gli alimenti biologici - conseguenze impreviste e costi elevati.
Gli alimenti biologici acquistati in negozi come Whole Foods Markets, ci fanno sentire più "buoni". Ma Worldwatch avverte che la produzione biologica è ora messa in discussione dall' "aumento dei prezzi dei terreni agricoli, incongruenze nelle norme di produzione biologica e prezzi più elevati." Inoltre, l'agricoltura biologica in realtà ostacola "un vasto cambiamento globale per l'agricoltura sostenibile."
7. La fame e l'obesità - ossia una pandemia dellasalute globale.
 "Le statistiche di 177 paesi mostrano che il 38% degli adulti - da 15 anni in su - ora sono in sovrappeso, con tendenza all' aumento nelle diverse regioni del mondo e nei diversi livelli di reddito." Si, sia la fame che l'obesità aumentano, minacciando miliardi di persone.
8. Petrolio ed energie alternative -  crescente domanda a fronte di forniture limitate.
Il consumo mondiale di petrolio ha raggiunto un nuovo massimo di 87,4 milioni di barili al giorno nel 2010. Il petrolio rimane la principale fonte commerciale di energia. "Nel frattempo la produzione globale di biocarburanti ha raggiunto un massimo storico di 105 miliardi di litri nel 2010, in crescita del 17% rispetto al 2009, soprattutto a causa dei prezzi elevati del petrolio, della ripresa economica globale e della legislazione relativa ai nuovi biocarburanti  ".
9. Gas naturale - Gas fossili ("fracking and shale gas"), gravi danni per l'ambiente.
La domanda di combustibili fossili è "determinata dall' aumento del consumo di gas naturale in Asia e negli Stati Uniti." Di conseguenza il consumo di gas naturale è aumentato del 7,4% nel 2009-2010 raggiungendo un record di 113.000 miliardi di piedi cubi. Il lato oscuro della medaglia: le nuove tecnologie e risorse come il fracking e il gas di scisto, sono ora una minaccia ambientale assieme ai rischi di fuoriuscita verso falde acquifere ed alle esplorazioni in acque profonde.
10. L'energia nucleare - crolli, terroristi e  stoccaggio del combustibile esausto-
Sì, la produzione del nucleare è caduta nel 2011, a causa dell' "aumento dei costi di produzione, una domanda rallentata di l'energia elettrica e ricordi freschi del disastro in Giappone," oltre a Chernobyl, Three Mile Island, e il crescente rischio relativo allo stoccaggio del combustibile spento .

Scopri il sito di Worldwatch, accedi alle loro newsletter, fai qualcosa. Leggi la trilogia "Hunger Games", una potente metafora della realtà del mondo, la descrizione di una guerra globale per la sopravvivenza che si combatte ogni giorno, spinta da una popolazione sempre crescente con una domanda di cibo ed energia apparentemente insaziabile su un pianeta con "risorse in contrazione."
Fino a quando non ci sveglieremo con le prossime guerre, saremo solo "capitalisti felici" intrappolati nella mentalità del brillante fumetto di Robert Mankoff:
"Mentre lo scenario della fine del mondo sarà piena di orrori inimmaginabili",  crederemo che il periodo che precede la fine sarà pieno di opportunità senza precedenti per il profitto."
Avanti, capitalismo!

Paul B. Farrell è un giornalista di MarketWatch con sede a San Luis Obispo, in California Seguilo su Twitter @ MKTWFarrell.

(Traduzione dall'Ingese di P.V.)






lunedì 22 aprile 2013

Qualche idea ancora "giovane" su un programma di transizione

A proposito di attualità... qualche idea ancora "giovane" su un programma di transizione...

“La situazione politica del mondo e’, nel suo insieme, caratterizzata da una storica crisi della direzione del proletariato. Da lungo tempo, i presupposti economici per la rivoluzione proletaria hanno raggiunto il punto della massima maturità possibile all’interno del capitalismo, Le forze produttive dell’umanità sono in fase di ristagno. Nuove scoperte e perfezionamenti non hanno riguardato il tenore di vita materiale (delle stesse masse). Alla crisi sociale dell’intero sistema capitalistico si accompagna, contemporaneamente, la comparsa di crisi congiunturali delle masse, sottoposte a sempre maggiori rinunce e sofferenze. Da parte sua, la crescente disoccupazione inasprisce la crisi finanziaria dello Stato e scuote lo stesso labile sistema finanziario. Regimi democratici, come anche regimi fascisti, passano da una bancarotta all’altra. Alla stessa borghesia non si presenta una via d’uscita. Nei paesi dove fu costretta a scegliere alla fine la carta del fascismo, essa precipita ad occhi chiusi in una catastrofe economica e militare”.
Così Trockij, all’alba della ormai prossima II guerra mondiale, tratteggiava con estrema lucidità la situazione politica mondiale:“le contraddizioni imperialistiche conducono a un vicolo cieco, in cui inevitabilmente si devono estendere in un rogo mondiale i singoli scontri e i torbidi sanguinosi limitati localmente (Etiopia, Spagna, Lontano Oriente, Centro-Europa). La borghesia naturalmente è consapevole del pericolo mortale, che minaccia con una nuova guerra il suo potere. Ma questa classe oggi è infinitamente più lontana dalla possibilità di impedire una guerra, di quanto non lo fosse all’ inizio del 1914.”…” Il momento è ora quello del proletariato, cioè della sua avanguardia rivoluzionaria. La crisi storica dell’ umanità ritorna ad essere quella della direzione rivoluzionaria.”…” L’impedimento maggiore sulla strada di un cambiamento della situazione pre-rivoluzionaria in rivoluzionaria è il carattere opportunistico della direzione proletaria: la viltà della piccola borghesia nei confronti della grande borghesia e il suo legame surrettizio con essa, anche quando è già in agonia….” L’evolversi successiva della situazione ha dimostrato quanto giusta fosse l’analisi, non solo nella previsione della guerra, ma anche, riguardo la caratterizzazione rivoluzionaria e la sua “possibilità”. Possibilità negata, come mostreranno gli anni dalla fine della guerra ad oggi. Per Trockij “la crisi della direzione proletaria conduce ad una crisi della cultura umana”, quindi non solo la negazione della rivoluzione ormai matura, ma anche e addirittura più grave: “senza una rivoluzione socialista nel più prossimo periodo storico, l’ intera cultura dell’ uomo si rovescia in una catastrofe.” Inutile rimarcare quanto è oggi sotto i nostri occhi: la decadenza morale delle società occidentali tocca limiti impensabili e l’individualismo estremo, vero e proprio “egoismo”, unito ad una falsa ma ferrea logica di ”mercato” stanno nuovamente portando il mondo sulla soglia di una ennesima guerra mondiale. Ma questo è un altro discorso… Per quel che ci riguarda sarà utile porre l’attenzione su come, per Trochij, si debba, per difendere prima e rilanciare poi, costruire un percorso di “transizione” che metta il proletariato in generale e i lavoratori in particolare in grado di difendere i propri interessi vitali e salvaguardarli da questa situazione distruttiva. “Bisogna aiutare le masse, nel processo della lotta quotidiana, a trovare l’aggancio tra i compiti presenti e il programma della rivoluzione socialista. Questo passaggio dovrebbe consistere in un sistema di obiettivi transitori, che faccia progredire dalle condizioni attuali e dall’attuale livello di coscienza vasti strati di classe operaia e li indirizzi verso un solo e decisivo obiettivo, ovvero la presa del potere.”
E’ interessante notare come Trockij focalizzi l’attenzione su pochi punti fondamentali ben definiti: la difesa del lavoro, la difesa del salario, i comitati di fabbrica, l’abolizione del segreto commerciale, l’esproprio dei grandi gruppi capitalistici (multinazionali), delle banche e la statalizzazione del sistema creditizio, la milizia operaia e l’armamento del proletariato. L‘insieme di questi punti dovrà formare il nucleo centrale del programma con cui l’internazionale socialista potrà rovesciare il capitalismo mondiale. E, dunque, non un singolo partito comunista ma l’insieme di tutti i partiti soltanto potrà ingaggiare la lunga lotta, che è anche lotta d’emancipazione, contro il sistema capitalistico e contro la borghesia fino al suo definitivo rovesciamento. Da qui la necessità di una azione internazionalista che vada oltre i limiti degli stati nazionali. In questo senso una ripresa e un rilancio dell’internazionalismo che ha sempre caratterizzato il movimento comunista fin da Marx. In questo progetto di percorso assumono una importanza fondamentale anche le organizzazioni sindacali. Per Trockij, il sindacato dovrebbe essere la voce del movimento comunista all’interno del mondo del lavoro, ma che così non sia è evidente per la natura stessa dell’organizzazione sindacale che vede al suo interno la presenza di posizioni “subalterne” o anche solo riformiste, tendenti alla semplice rivendicazione salariale immediata, oltretutto inefficace “perché la borghesia con la mano destra si riprende il doppio di quello che è stata costretta a cedere con la mano sinistra”. E allora sarà compito dei comunisti essere presenti all’interno delle organizzazioni sindacali in ogni vertenza per riaffermare i diritti dei lavoratori e per strappare, comunque e sempre, quanto più possibile per i lavoratori, pur sapendo che: a) “I Sindacati non sono portatori di nessun programma rivoluzionario, né questo è il loro compito né lo è il loro stesso modo di reclutamento, dunque non possono sostituire il partito”. b) “I sindacati, anche i più potenti, non possono organizzare oltre il 20-25% dei lavoratori ed in più prevalentemente i più qualificati e meglio retribuiti. La più parte maggiormente oppressa della classe operaia solo col tempo verrà trascinata nella lotta, in periodi di eccezionale ripresa del movimento dei lavoratori”. c) “I sindacati sviluppano insieme una forte tendenza a compromessi con i regimi democratico-borghesi. In momenti di acuta lotta di classe, la direzione dei sindacati si impegna a conquistarsi la direzione del movimento di massa allo scopo di renderlo innocuo … in tempi di guerra o di rivoluzione, nei quali la borghesia si trova di fronte a situazioni eccezionalmente difficili, i leaders sindacali divengono abitualmente ministri borghesi”…. E’ evidente come Trosckij abbia ben chiari i limiti del sindacato: “I sindacati non sono un fine in sé, ma solo uno strumento per costruire la via della rivoluzione proletaria”. Per questi motivi è necessario “non solo di rinnovare (frequentemente) l´apparato sindacale, ma anche costruire nuove e per quanto è possibile indipendenti organizzazioni, le quali esprimano sempre meglio i compiti della lotta di massa contro la società borghese e non rifuggano spaventate da uno scontro diretto con il “sistema” conservativo dei sindacati. Se è criminale scrollar le spalle di fronte alle finzioni settarie delle organizzazioni di massa, non è meno criminale tollerare passivamente la sottomissione del movimento rivoluzionario di massa sotto il controllo di cricche burocratiche, neanche tanto nascostamente conservatrici ("progressiste")”.
Un’altra struttura di estrema importanza sarà il comitato di fabbrica che permetterà di indire: “gli scioperi con occupazione di fabbriche, che superano i limiti del `normale´ regime capitalistico. A prescindere dalle parole d´ordine degli scioperanti, la prolungata occupazione delle fabbriche fa brutalmente saltare l´idolo della proprietà privata. Ogni sciopero con occupazione pone, nella pratica (Praxis), chi sia il padrone della fabbrica, il proprietario o l´operaio? … Il comitato di fabbrica, che è in primo luogo eletto da tutti gli operai e da tutti gi impiegati della fabbrica, da subito rappresenta un sostegno alla volontà di gestione … I burocrati sindacali, di regola, si oppongono alla costruzione di comitati di fabbrica, così come si oppongono al minimo passo nella direzione della mobilitazione delle masse.”
Un altro nodo cruciale da sciogliere sarà l’abolizione del segreto commerciale: “Il rapporto contabile fra il singolo capitalista e la società resta un segreto dei capitalisti: non è che riguardi la società! Il fondamento, cui si richiama il diritto al segreto negli affari è quello stesso dell´epoca della libera concorrenza, cioè del capitalismo liberale … Il capitalismo liberale, che si basa sulla concorrenza e sul libero commercio appartiene irrimediabilmente al passato; i loro eredi, i capitalisti monopolisti, non solo lasciano vivere l´anarchia dl mercato, ma anzi le danno una particolare sfrenatezza. In realtà, i trusts non hanno segreti l´un verso l´altro. Il segreto commerciale di oggi è solo un lato della cospirazione continua del capitale monopolistico contro la società … L´abolizione dei segreti commerciali è il primo passo per un effettivo controllo dell´industria … Non meno dei capitalisti, gli operai hanno il diritto di conoscere i `segreti´ della fabbrica, dei trusts, di tutti i rami dell´economia nazionale nel suo insieme”.
Ma è nei momenti di particolare crisi economica che diventa importante, per i lavoratori, l’istituzione di meccanismi ‘automatici’ di tutela del lavoro e del salario: “due fondamentali sciagure economiche, nelle quali è possibile cogliere la crescente assurdità del sistema capitalistico sono la disoccupazione e l´aumento dei prezzi, che richiedono parole d´ordine e metodi di lotta universali … contro l'impennata improvvisa dei prezzi, che con l'avvicinarsi della guerra assumerà un carattere ancor più sfrenato, si può lottare solo con la parola d'ordine della scala mobile dei salari. Ciò significa che i contratti collettivi devono assicurare l' aumento automatico dei salari in relazione all'aumento dei prezzi dei beni di consumo. Per evitare la propria distruzione, il proletariato non può accettare la trasformazione di un numero sempre maggiore di operai in poveri perennemente disoccupati, che si nutrono delle briciole di una società in disgregazione, Il diritto al lavoro è l’unico diritto serio rimasto all’operaio in una società basata sullo sfruttamento. Di questo diritto egli è oggi continuamente privato. Contro la disoccupazione sia ‘strutturale’ che ‘congiunturale’, è giunta l’ora di avanzare , insieme alla parola d’ordine dei lavori di pubblica utilità, quella di una scala mobile delle ore lavorative. I sindacati e le altre organizzazioni di massa devono unire operai e disoccupati in un legame di solidarietà basato sulla responsabilità reciproca. Su queste basi tutto il lavoro disponibile potrà poi essere diviso tra tutti i lavoratori in relazione alla durata della settimana lavorativa. I salari, con un minimo rigorosamente garantito, verranno adeguati all’andamento dei prezzi … non si tratta di un «normale» scontro tra interessi materiali contrapposti. Si tratta di difendere il proletariato dalla disfatta, dalla demoralizzazione e dalla rovina. Si tratta di una questione di vita o di morte per l'unica classe feconda e progressiva e, quindi, del futuro dell'umanità. Se il capitalismo è incapace di soddisfare le rivendicazioni che inevitabilmente sorgono dai disastri che esso stesso genera, allora che perisca. La «realizzabilità» o «irrealizzabilità» è, nel caso in questione, un problema di rapporti di forza, che può essere deciso solo con la lotta. Mediante questa lotta, indipendentemente dal suo successo pratico immediato, gli operai arriveranno a comprendere meglio la necessità di liquidare la schiavitù capitalistica”… Ed è per questo che i lavoratori e le loro organizzazioni e strutture: partiti, sindacati, comitati di fabbrica, non devono rinunciare, anzi devono rilanciare, soprattutto nei momenti di profonda crisi dell’economia, la minaccia dell’esproprio delle aziende che formano il nucleo centrale dell’economia e delle banche che ne organizzano e ne strutturano l’accesso al credito, la speculazione finanziaria, le coperture in tempo di crisi, gravandone i costi sulle spalle dei soli lavoratori con licenziamenti, riduzioni di salario, precariato. Naturalmente Trosckij è ben consapevole che solo dopo una rivoluzione tutto ciò si potrebbe avverare ma la parola d’ordine dell’esproprio senza indennizzo serve anche per concretizzarne ai lavoratori la futura possibilità: “Solo l’esproprio delle banche private e la concentrazione dell’intero sistema creditizio nelle mani dello Stato forniranno a quest’ultimo risorse reali, cioè materiali e non meramente fittizie o burocratiche, per la pianificazione economica”… Naturalmente con l’intensificarsi della lotta, con l’occupazione delle fabbriche, con gli scioperi ad oltranza, inevitabilmente si alzerà il livello di scontro tra borghesia e proletariato: “Non appena la lotta degli operai si farà sentire ancora con forza, immediatamente le bande fasciste triplicheranno, quadruplicheranno, aumenteranno di dieci volte per trasformarsi in crociate sanguinarie contro gli operai … La lotta contro il fascismo non comincia nelle redazioni dei giornali liberali, ma nelle fabbriche, per terminare nelle strade. I crumiri e le guardie armate private che si trovano negli stabilimenti delle fabbriche sono i nuclei di base delle milizie fasciste. I picchetti degli scioperanti sono i nuclei di base delle milizie proletarie … E’necessario dare un’espressione organizzata all’odio legittimo degli operai nei confronti dei crumiri e delle bande di delinquenti fascisti. E’ necessario avanzare la parola d’ordine della milizia operaia, unica seria garanzia dell’incolumità delle organizzazioni, delle riunioni e della stampa operaie.”
e.se. (Collettivo di formazione marxista "Maurizio Franceschini")